La scorsa settimana, Hafize Gaye Erkan ha partecipato all'”Investor Day” di New York, un appuntamento che ha riunito investitori in possesso di asset per 10.000 miliardi di dollari. Il primo governatore donna della Banca Centrale Turca ha definito il 2024 per il suo paese come “l’anno della disinflazione” e ha aggiunto che “la stretta sui tassi di interesse si concluderà presto”. La lira turca ha perso ancora più di un terzo del suo valore contro il dollaro l’anno scorso.

Ha appena sfondato il tasso di cambio di 30 a 1 contro la valuta statunitense. Agli inizi dello scorso decennio, bastavano appena 1,50 lire per acquistare 1 dollaro.

Svolta con rielezione di Erdogan

Il 2023 è stato un anno di svolta per la Turchia. A maggio è arrivata la rielezione del presidente Recep Tayyip Erdogan, costretto per la prima volta al ballottaggio. Il capo dello stato ha dato vita a un nuovo team economico per combattere l’inflazione altissima di questi anni. Nell’autunno del 2022, superava l’85%. Appena nominata, Erkan ha iniziato ad alzare i tassi di interesse e ad allentare i controlli sui movimenti dei capitali, lasciando che la lira turca scambi sul mercato a tassi vicini alla realtà.

Da allora, la valuta emergente perde oltre un terzo del suo valore e l’inflazione ne ha risentito, salendo al 64,77% a dicembre. Tuttavia, su base mensile i prezzi sono cresciuti del 2,93%, il ritmo più basso dal maggio scorso. Gli analisti si aspettano che arrivi fino al 70-75% entro la prima metà dell’anno e che nella seconda parte torni a scendere. Ancora per un altro paio di anni, però, Erkan stima che resti in doppia cifra. E anche se il ministro delle Finanze, Mehmet Simsek, è considerato affidabile sul piano della gestione fiscale, il deficit pubblico nel 2023 si è moltiplicato per nove volte, salendo a 1.400 miliardi di lire, circa 46,5 miliardi di dollari al cambio attuale.

Tra le altre cose, c’è da finanziare la ricostruzione delle aree del Sud colpite dal potentissimo terremoto dell’anno scorso.

Dati macro in miglioramento

I tassi di interesse sono saliti all’8,50% al 42,50%. Probabile che si avvicineranno al 50% prima di essere stabilizzati. Gli ultimi dati segnalano che le banche turche stiano iniziando a tagliare i tassi sui depositi, che in media nel 2023 hanno superato il 52%. Infatti, esse hanno ridotto i prestiti al settore privato, per cui gli annessi tassi attivi sono diminuiti di peso sui bilanci e stanno comprimendo i margini. A questo punto, stanno trovando necessario tenere testa ai costi del funding.

La lira turca verosimilmente arretrerà ulteriormente quest’anno. Il differenziale d’inflazione con le valute forti resta elevatissimo e chiaramente incide sui tassi di cambio. Dopodiché c’è da dire che i dati macro stanno svoltando in meglio. Le partite correnti stanno risollevandosi e gli investitori stranieri si sentono più confortati dal cambio di passo sull’economia di Erdogan. E così, le riserve valutarie nette sono risalite dai livelli negativi della primavera scorsa, attestandosi a circa 35 miliardi di dollari. La crescita delle quotazioni azionarie e obbligazionarie capta il ri-afflusso dei capitali esteri negli ultimi mesi.

Lira turca ancora giù ed esposta ai rischi

Le geopolitica resta il punto più controverso. Una delle ragioni del tracollo della lira turca nell’ultimo decennio risiede nell’erraticità delle relazioni tra Erdogan e l’Occidente. La Turchia si è schierata a favore di Hamas contro Israele e sulla guerra tra Russia e Ucraina ha tenuto una posizione altalenante, per non dire spregiudicata. A breve si terranno le elezioni amministrative e al voto andrà la metropoli di Istanbul, che pesa per un quinto dell’intera popolazione turca. Sarà capace Erdogan di resistere alla tentazione di tagliare i tassi per favorire i propri candidati in corsa?

L’aumento del salario minimo del 50% a fine 2023 è stato un indizio circa la necessità per il nuovo team economico di mediare tra l’ortodossia monetaria e fiscale da un lato e la continua ricerca del consenso per Erdogan dall’altro.

A favorire la lira turca, comunque, in questa fase c’è la caccia al rendimento degli investitori internazionali. E gli asset in valuta locale appaiono molto svalutati, mentre i bond in valute forti stanno riducendo gli spread. Le agenzie di rating prendono nota. S&P a novembre e Moody’s venerdì scorso hanno migliorato i rispettivi outlook da stabile a positivo. Non basta per prospettare un futuro a breve luminoso per la lira turca, che continuerà a perdere terreno nei prossimi mesi. Ma in assenza di intoppi, entro fine anno dovrebbero essere state poste le basi per porre fine alla crisi valutaria.

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