La riforma della riscossione divide la politica e l’opinione pubblica, come sempre (e giustamente) accade quando si parla di denaro dei contribuenti. Il titolo di Repubblica per commentare il varo del decreto da parte del governo di Giorgia Meloni sembra eloquente. Esso parla di “600 miliardi di euro cancellati”. A cosa si riferisce? Alla revisione delle norme che regolano la gestione del cosiddetto “magazzino fiscale”, quelle milioni di cartelle esattoriali con la cui riscossione saremmo teoricamente in grado di abbattere il debito pubblico e diventare una sorta di seconda Germania per solidità di bilancio.

Cartelle esattoriali annullate dopo 5 anni

Ma, appunto, si tratta di teoria. La pratica ci racconta tutta un’altra storia. Partiamo dalla riforma. Essa prevede che le cartelle esattoriali non riscosse dopo cinque anni siano stralciate. Nel concreto, l’Agenzia delle Entrate restituisce il credito all’ente che glielo aveva girato per la riscossione, come per esempio l’Inps, il Comune, ecc. A quel punto, questi può valutare se sussistano nuovi elementi sul piano patrimoniale che possano renderlo finalmente esigibile. Se così fosse – ad esempio, il debitore non risulta più nullatenente – si affida alla riscossione privata. Altrimenti, il debito è annullato.

La riforma prevede anche una più lunga rateizzazione delle cartelle esattoriali per i contribuenti in condizioni di “obiettiva difficoltà”. Dal 2029, il debito con il fisco si potrà dilazionare fino a 108 rate dalle 72 attuali (il governo Draghi lo aveva già elevato). Questo accade nel caso di semplice auto-dichiarazione. Se la difficoltà viene, invece, documentata (Isee, bilanci, ecc.), il numero massimo di rate mensili sale a 120 (10 anni).

Riforma regalo agli evasori fiscali?

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Riforma riscossione regalo agli evasori fiscali?

Le opposizioni parlano di “regalo agli evasori fiscali“. Sostengono che il governo Meloni abbia cancellato con un colpo di spugna centinaia di miliardi di crediti dello stato.

A parte che la cancellazione non sarebbe automatica, perché sul pregresso la riforma punta a coinvolgere Corte dei Conti, Dipartimento delle Finanze e Ragioneria dello Stato. Il vero punto è un altro: abbiamo cartelle esattoriali non riscosse per 1.200 miliardi di euro e nessuno dei governi passati è stato in grado di tradurre questi importi in entrate effettive. Sono stati e rimangono crediti scritti sul ghiaccio, inesigibili. E questo valeva anche quando al governo c’era il centro-sinistra.

Debiti fiscali inesigibili

L’inesigibilità è figlia di tante cause. La prima è che queste cartelle esattoriali afferiscono a debitori non rintracciabili o morti o nullatenenti o a società fallite, ecc. Bene che vada, i calcoli più ottimistici dicono che lo stato sarebbe in grado di incassare appena il 5% di tali somme, qualcosa come 60 miliardi. Bene che vada! Ok, ma la riforma della riscossione ci farebbe compiere un passo avanti o aggraverebbe il problema, magari segnalando agli evasori fiscali che lo stato sia bonaccione con chi non vuole pagare le tasse?

Avere un magazzino stracolmo di crediti è gravoso per l’Agenzia delle Entrate. Finché i crediti esistono, lo stato deve attivarsi per incassarli. E questo significa che, quotidianamente, migliaia di funzionari negli uffici devono fingere di lavorare per riscuotere cartelle esattoriali che tutti sanno essere inesigibili. Tempo e risorse sprecati, quando potrebbero essere impiegati per fare vera lotta all’evasione fiscale, cioè occupandosi delle situazioni attuali e magari puntando alle grosse cifre. Sapete, ad esempio, che scovare una maxi-evasione di 1 miliardo di euro equivale dal punto di vista degli incentivi all’Agenzia quanto scoprire 1 milione di casi da 1.000 euro? E, soprattutto, il riferimento ad oggi è dato non dalla riscossione, bensì dalla semplice attivazione.

Meloni e le tasse "non bellissime"

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“Tasse non bellissime” per premier Meloni

In pratica, la riscossione in Italia non funziona.

Se avesse funzionato, non ci ritroveremmo ad avere 1.200 miliardi di crediti fittizi. Gli evasori fiscali ci sguazzano in questa situazione. Sanno che i controlli sono così superficiali e poco frequenti da poterla presumibilmente fare franca. Il governo Meloni punta a fare tabula rasa del passato, mettendo il fisco nelle condizioni finalmente di lavorare per riscuotere davvero. Ieri, una battuta della premier ha fatto scattare molti suoi avversari dalla sedia. “Non direi mai che le tasse siano bellissime. Bellissimo è fare donazioni volontarie, non coattive”.

La frase rievoca (al contrario) una dichiarazione dell’allora ministro dell’Economia, Tommaso Padoa Schioppa, all’epoca del secondo governo di Romano Prodi (2006-2008). Egli affermò che “le tasse sono una cosa bellissima”. Qui, più che di sensibilità al tema, esiste una sorta di ipocrisia di fondo. Le tasse non sono mai bellissime, vale a dire che in un mondo ideale nessuno vorrebbe pagarle. Ma sono certamente una necessità per finanziare l’erogazione di servizi pubblici. Dunque, è giusto e doveroso pagare le tasse, ma abbiamo la decenza di non darne una connotazione moralistica. Anche perché le tasse sono redditi dei contribuenti prelevati dallo stato, cioè sacrifici. E questo una sinistra che blatera spesso di equazione tra evasori fiscali e ladri, lo dimentica.

Stralcio cartelle esattoriali, sistema più snello

In conclusione, la riforma della riscossione non incentiva affatto l’evasione. Anzi, può dare vita a un sistema più efficiente e, pertanto, meno fallace. Non ce ne facciamo nulla di milioni di cartelle esattoriali inesigibili. Sarebbe come se una famiglia si confortasse di essere a credito con una persona morta cinquanta anni fa senza eredi. Un principio dovrebbe, tuttavia, essere sancito in maniera più chiara dalla riforma: il fisco non sarà un disturbatore di chi produce e pretenderà il giusto da ogni contribuente. Ma sarà più efficacemente severo con chi sbaglia, perché deve essere una volta per tutte chiaro che chi sbaglia, deve pagare. Tra questi, anche chi chiede e ottiene la rateizzazione del debito e dopo un po’ smette di pagare.

Verso questi contribuenti disonesti non deve esserci più accondiscendenza.

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