Immancabili ogni estate, oltre ai consigli dei tg per superare le giornate di afa, ci sono le polemiche dei vacanzieri per il caro carburante. A partire da questo mese è entrato in vigore l’obbligo per i benzinai di esporre il cartello con i prezzi medi regionali. Il governo Meloni lo ha voluto ad inizio anno per cercare di dare una strigliata a una categoria, accusata dai più di fare la cresta sugli aumenti del petrolio, salvo adeguarsi lentamente e parzialmente agli eventuali cali delle quotazioni internazionali.

Prezzo benzina a +9 cent in un mese

Il caro carburante è fonte di preoccupazione quotidiana, ma a ridosso delle vacanze estive, dei ponti durante l’anno, del Natale e delle festività pasquali diventa un assillo. Partire in macchina per una gita fuori porta pesa di più. Se aggiungiamo che gli stipendi italiani sono eternamente fermi, capiamo meglio il disagio patito da milioni di famiglie.

Malgrado il cartello, non sembra che i prezzi di benzina e gasolio abbiano accusato una frenata. Anzi, se guardiamo i dati medi nazionali, scopriamo che all’inizio di questa settimana un litro della verde costava 1,93 euro contro gli 1,84 di un mese prima. Sono pochi i paesi europei con un caro carburante più esoso del nostro. Davanti abbiamo Francia, Grecia, Finlandia e Danimarca. Al di là di tutto, sarebbe opportuno verificare tali prezzi alla luce del differente potere di acquisto. Scopriremmo che a passarcela peggio saremmo noi italiani insieme ai cugini greci.

Consumi su, euro giù

Tornando ai rincari dell’ultimo mese, c’entrano con le vacanze estive? La domanda non è polemica, trovando fondamento nell’aumento della domanda nei periodi feriali. Negli Stati Uniti, si parla non a caso di “driving season”. Quando la gente è in vacanza, gira di più in auto e i consumi di benzina e gasolio aumentano. Il caro carburante sarebbe la semplice risposta del mercato per effetto della legge della domanda e dell’offerta.

Nulla di così misterioso.

Sarà stato così anche stavolta? Indaghiamo alla luce delle quotazioni internazionali. Il Brent è salito nelle ultime sedute ai massimi dall’aprile scorso, sopra 86 dollari al barile. Un mese fa, costava meno di 78 dollari. Nel frattempo, il cambio euro-dollaro si è leggermente deprezzato, cioè il dollaro ha riguadagnato terreno contro la moneta unica. Quando ciò accade, per gli automobilisti non è una buona notizia. Significa che importiamo greggio a costi più alti. Tenendo conto di questi dati, troviamo che un litro di benzina costa alle quotazioni di questi giorni poco meno di 50 centesimi di euro. Un mese prima, costava meno di 45 centesimi.

Caro carburante legato a petrolio

Teniamo anche conto che sul costo della materia prima grava anche l’IVA al 22%. Pertanto, in un mese abbiamo subito un rincaro della benzina nell’ordine dei 5 centesimi al litro, che salgono a 6 centesimi con l’IVA. Dicevamo, però, che il caro carburante si è tradotto in un aumento medio praticato di 9 centesimi in un mese. La differenza sarebbe di 3 centesimi. A parte il fatto che i prezzi alla pompa non si adeguano istantaneamente alle variazioni internazionali, piccoli scostamenti restano sempre possibili. Aggiungiamo la possibilità per i benzinai di fare la cresta in un periodo per loro positivo come questo ed ecco che tutto quadra.

In sintesi, i rincari di queste settimane sono quasi del tutto attribuibili all’aumento del prezzo del petrolio. Non ha aiutato il ripiegamento del cambio. Su base annua, siamo a +10 centesimi al litro (+5,5%). Tuttavia, nell’estate del 2022 il governo Draghi aveva temporaneamente varato il taglio delle accise di 30,5 centesimi al litro. A parità di accise, sarebbe come affermare che i prezzi siano diminuiti di una ventina di centesimi. Considerate che un anno fa il Brent costava sopra 96 dollari al barile con un cambio euro-dollaro a 1,03.

La materia prima per ogni litro di benzina incideva per quasi 59 centesimi. Scontando l’effetto IVA, eravamo a +12 centesimi rispetto ad oggi.

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