Un tracollo, che non a caso coincide con la riunione della Banca Centrale Europea (BCE) sui tassi di interesse. Il cambio euro-dollaro perde un punto e mezzo percentuale da mercoledì e scende nella mattinata odierna a 1,0675. Si tratta del livello minimo da cinque mesi a questa parte. Bisogna tornare alla prima parte del novembre scorso, infatti, per trovare valori ancora più bassi. Effetto di quella che gli analisti definiscono “divergenza monetaria” attesa tra Eurozona e Stati Uniti.

Aumenta divergenza monetaria tra Fed e BCE

Di cosa parliamo? Ieri, Francoforte ha mantenuto invariati i tassi, anche se ha aperto ufficialmente ad un loro taglio.

Per quanto non sia stata scritta nero su bianco, la data da cerchiare sul calendario è il 6 giugno. Quel giorno, quasi certamente il costo del denaro nell’Eurozona sarà ridotto di almeno lo 0,25%. E la Federal Reserve? Dopo gli ultimi dati macroeconomici, la prospettiva che possa tagliare i tassi già a giugno si è fatta minoritaria anche tra gli investitori. Essi scontano un primo taglio per settembre. In effetti, l’inflazione è salita ancora a marzo negli States, mentre il mercato del lavoro resta in piena occupazione.

Spread Treasury-Bund sale

Il cambio euro-dollaro si deprezza per il semplice fatto che il mercato si aspetta tassi BCE più bassi nei prossimi mesi rispetto ai tassi Fed, in relazione al differenziale odierno. I capitali si spostano laddove i rendimenti sono più alti. E se date un’occhiata ai T-bond, vi accorgete che il decennale statunitense viaggia in queste ore intorno al 4,55% contro meno del 2,40% del decennale tedesco. Una settimana fa, cioè prima degli ultimi dati macro statunitensi e del board BCE, il primo era sotto il 4,40% e il secondo praticamente agli stessi livelli di oggi. Pertanto, lo spread Treasury-Bund è salito. Questo significa che i rendimenti americani sono diventati ancora più relativamente allettanti.

C’è da dire che un cambio euro-dollaro troppo debole va contro gli obiettivi di politica monetaria della BCE. Esso comporta un aumento dei costi per i beni importati, tra cui materie prime come il petrolio di per sé già rincarate. A cascata, i prezzi al consumo accelererebbero la corsa, cioè alimenterebbero l’inflazione. Anche per questo, nel prospettare un taglio dei tassi a breve, la BCE si è tenuta sul vago. Ha specificato tra l’altro che non si vincolerà ad alcun percorso precostituito, ma resterà “data dependent”.

Cambio euro-dollaro debole preoccupa BCE

Se avesse detto il contrario, oggi probabilmente il cambio euro-dollaro sarebbe ancora più basso e ciò avrebbe “surriscaldato” ulteriormente le aspettative d’inflazione nell’Eurozona. D’altra parte, il governatore Jerome Powell non ha alcuna fretta di tagliare i tassi. Può permettersi di attendere prima di avviare l’allentamento monetario, visto che l’economia negli Stati Uniti continua ad andare molto bene. Una recessione non è più in vista. Gli conviene che il dollaro resti forte, così da attutire le pressioni inflazionistiche. Se non ci fossero le elezioni presidenziali a novembre, probabilmente oggi si parlerebbe ancora meno del taglio dei tassi. Si sa, la politica spinge sempre per ottenere un costo del denaro quanto più basso possibile, così da alleviarne il costo immediato percepito su famiglie e imprese.

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