Il cambio euro-dollaro sembra non trovare sostegno nelle ultime settimane. Aveva aperto il mese di febbraio sopra 1,10 e ieri è sceso fino sotto 1,0835, perdendo il 4% su base annua e circa il 13,5% rispetto ai massimi toccati a inizio 2018. L’indebolimento non sarebbe prossimo alla conclusione, almeno non secondo una parte sostanziosa del mercato. Stanno crescendo le scommesse per una discesa del cross sotto 1,08, con opzioni put sull’euro per circa il 30% del totale, mentre un altro 5% scommetterebbe su una discesa a 1,05. Già oggi, comunque, per trovare livelli così bassi bisognerebbe andare indietro nel tempo all’aprile del 2017, quando i risultati del primo turno delle elezioni presidenziali in Francia fecero presagire la vittoria di Emmanuel Macron.

E se il cambio scendesse al di sotto dei livelli pre-Macron, il contraccolpo psicologico sui mercati sarebbe dirompente. A quel punto, una discesa verso la parità diverrebbe probabile. Al momento, comunque, sembra che quale che sia lo scenario a breve, l’euro sia destinato a restare debole, complice la forza del dollaro, il quale contrariamente alle attese resta sui massimi da anni. La fuga dei capitali verso gli assets sicuri in un clima di avversione al rischio spinge gli investitori ad optare per mete all’infuori dell’Eurozona, come USA, Giappone e Svizzera. Ma nel caso in cui tornasse l’appetito per il rischio, la caccia al rendimento farebbe ugualmente defluire i capitali dall’unione monetaria, dati i prezzi altissimi dei bond nell’area

Cambio euro-dollaro, ecco cosa indebolisce le prospettive a breve 

Le cause della debolezza dell’euro

Senz’altro, l’euro non sta beneficiando del rallentamento economico in corso nell’Eurozona sin dalla fine del 2018. La Germania resta a rischio recessione e in più segnala un progressivo deterioramento del clima politico, con la cancelliera Angela Merkel sempre più debole in patria e all’estero. E dal canto suo, Macron stesso non riesce ad implementare la sua agenda delle riforme, a causa della grave crisi di consenso che lo riguarda quasi sin dal suo insediamento all’Eliseo.

Anche per queste criticità, la BCE non ha in programma alcun rialzo dei tassi imminente, consapevole che la politica fiscale dei governi avrebbe margini ridotti per sostenere l’economia dell’area supplendo al suo minore accomodamento monetario.

Anzi, non solo non esiste alcuna politica fiscale comune tra i 19 membri dell’unione monetaria, ma persino coloro che disporrebbero di spazi di manovra per i conti pubblici, come la Germania, segnalano di non volerli utilizzare nemmeno a fronte di un rischio di recessione sempre più concreto per le rispettive economie. D’altra parte, gli USA continuano a crescere a ritmi moderati, pur anch’essi in rallentamento dopo 11 anni di espansione ininterrotta, e la Federal Reserve ha già tagliato i tassi per tre volte nel 2019, probabilmente lasciandoli inalterati fino alla fine di quest’anno, salvo peggioramenti sul fronte Coronavirus.

Che le prospettive per l’euro si stiano affievolendo lo segnalerebbe anche lo spread Treasury-Bund a 10 anni, il quale capterebbe le aspettative sul cambio euro-dollaro nel lungo termine. Ebbene, oggi come oggi il differenziale sarebbe giustificato da un cross in area 1,30 tra un decennio, giù da 1,35 di inizio anno e da 1,42 di un anno fa. Segno che i mercati sconterebbero una fase di debolezza per la moneta unica sempre più lunga.

Perché il cambio euro-dollaro punta a scendere sotto 1,10

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