Anche solo leggere “caldaie a gas” in piena estate fa sudare. Ma non possiamo esimerci dal parlarne, visto che in Germania sta facendo salire la temperatura politica oltre ogni previsione. Il governo federale del cancelliere Olaf Scholz traballa ogni giorno di più su questo tema, a cui si deve gran parte dell’impopolarità dei tre partiti di maggioranza al Bundestag. Procediamo con ordine. Nel luglio dello scorso anno, il vice-cancelliere Robert Habeck, che è anche a capo dei Verdi e ministro dell’Economia e per il Clima, annunciava una stretta sui sistemi di riscaldamento.

A partire dal 2024, sarebbero stati possibili solo se alimentati per il 65% da fonti rinnovabili.

Governo in confusione, consensi record per AfD

Dovete sapere che questo è un tema caldissimo in Germania. Essendo un paese freddo, l’opinione pubblica si mostra sensibile. Sarebbe come se in Italia ci vietassero di andare al mare durante l’estate. E’ scoppiato il putiferio nel governo. I socialdemocratici hanno grosso modo appoggiato l’iniziativa, mentre i liberali capeggiati dal ministro delle Finanze, Christian Lindner, hanno dato battaglia al punto da avere minacciato di uscire dal governo e dalla maggioranza. Dopo mesi di estenuanti trattative, a giugno si era arrivati a una proposta di compromesso: caldaie a gas dal 2024 vietate solo per le installazioni in nuove abitazioni e consentite anche per gli over 60. Inoltre, le parti avevano concordato un pacchetto di incentivi fiscali per sostenere la transizione energetica.

Le opposizioni non hanno abboccato. Da diverse stime realizzate anche da alcuni componenti del governo emergerebbe che il costo per le famiglie sarebbe nell’ordine di diverse decine di migliaia di euro in più da qui ai prossimi venticinque anni, rispetto alle stime dei Verdi. I consensi per i tre partiti sono precipitati. A farne le spese particolarmente sono stati i socialdemocratici, mentre hanno guadagnato terreno sia i conservatori della CDU-CSU, ma soprattutto la destra euro-scettica dell’AfD.

Questa, accusata di simpatie per il nazismo, è ora al secondo posto nei sondaggi dopo la CDU-CSU e si attesterebbe intorno al 20%.

Un terremoto politico, che si è aggravato dopo che l’AfD in appena sette giorni ha vinto la sua prima elezione in un distretto in Turingia ed eletto il primo sindaco in un piccolo comune nella Sassonia Anhalt. La maggioranza sperava di chiudere la questione entro questa settimana, cioè prima della pausa estiva. Invece, giovedì è arrivata la sentenza della Corte Costituzionale. Accogliendo la richiesta arrivata da un deputato conservatore, i giudici di Karlsruhe hanno intimato al governo di rinviare il voto a settembre. In caso contrario, il Bundestag non avrebbe il tempo sufficiente per valutare i dettagli della proposta.

Caldaie a gas provocano terremoto politico

La vicenda ha assunto contorni giudiziari, ma è e resta prettamente politica. I Verdi temono di vedere annacquato il loro cavallo di battaglia. Le ripercussioni sarebbero anche al livello europeo. La Commissione aveva proposto il divieto di installare le caldaie a gas dal 2029. Questo piano rischia l’affossamento prima ancora che se ne discuta nel merito. Una batosta per la sinistra, che ne sta facendo una questione ideologica. Nella stessa Germania, ad esempio, l’accordo in extremis prevede che per tutte le famiglie non obbligate sin dal 2024 i termini per passare a nuove forme di riscaldamento più green siano spostati dopo il 2028. Nel frattempo, i comuni sono tenuti a varare i “piani di riscaldamento”.

La verità è che la stragrande maggioranza dei tedeschi è contraria al divieto. Non perché non voglia contribuire alla riduzione delle emissioni inquinanti, bensì semplicemente per ragioni economiche. Pensate a quanto rischierebbero di esplodere i canoni di locazione se i proprietari delle case fossero costretti in pochi anni a passare ad altre forme di riscaldamento con annessi enormi investimenti necessari.

Oltretutto, l’iniziativa arriva nel peggiore momento possibile. L’economia tedesca è in recessione e l’inflazione resta elevata.

Scholz è finito in un “cul de sac”. Se va avanti, perde il consenso della sua stessa base; se indietreggia, perde faccia e autorevolezza. Tra meno di un anno si terranno le elezioni europee e visualizzare sugli schermi che l’AfD abbia sorpassato l’SPD nei consensi, magari puntando al primato assoluto, rischia di rivelarsi un fatto senza precedenti nella storia tedesca post-bellica.

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