L’oro sta perdendo smalto e a metà settimana scendeva sotto i livelli di apertura di quest’anno, ad una quotazione minima di 1.817 dollari per oncia. Non è quello che vorremmo sentirci dire in un contesto ancora di alta inflazione. Il metallo è considerato in cinque millenni di storia il “safe asset” per eccellenza, unico sempre capace in ogni luogo e in tutti i tempi di difendere il potere di acquisto. Qualcosa sta andando, però, storto di recente. Ed è proprio questo l’aspetto che indagheremo in questo articolo.

Prima di tutto, dobbiamo premettere che l’oro sui mercati internazionali è quotato in dollari. Quando il dollaro si rafforza, a parità di prezzo, il metallo diventa più caro. Ciò ne colpisce la domanda. Viceversa, quando il dollaro cede terreno verso le altre principali valute mondiali. Ebbene, il record fu toccato a inizio maggio, quando l’oro superò i 2.050 dollari. Da allora, il calo è stato del 6,5%. In valore assoluto, circa -230 dollari. In questi cinque mesi, il dollaro ha segnato un trend rialzista, rafforzandosi in media del 5,5%.

Rendimenti bond deprimono metallo

Non è tutto. Il T-bond a 10 anni degli Stati Uniti, un “benchmark” mondiale per il mercato obbligazionario, ha visto salire il rendimento dal 3,40% a sopra il 3,80%. Il boom rende meno appetibile l’oro, che è un asset senza cedola. Chi investe in esso, dovrà accontentarsi di maturare un possibile guadagno solo all’atto del suo disinvestimento. Pertanto, quando le cedole dei bond lievitano, la propensione ad investire in oro si riduce. D’altra parte, i rendimenti obbligazionari stanno esplodendo per via dell’aumento dei tassi di interesse da parte delle principali banche centrali. Tra inizio maggio e oggi, la Federal Reserve ha ritoccato il costo del denaro di un altro 0,50%, portandolo al 5,50%, livello massimo sin dal 2001.

L’inflazione stessa negli Stati Uniti, pur in rialzo negli ultimi due mesi, è scesa dal 4,9% di aprile al 3,7%.

In termini reali, i tassi FED sono così lievitati dallo 0,10% all’1,30%. Discorso analogo per i rendimenti, anche facendo riferimento alle aspettative d’inflazione a medio-lungo termine, rimaste sostanzialmente stabili e intorno al 2,20% da inizio maggio ad oggi.

Oro affondato da super dollaro e tassi alti

Insomma, non sembra un buon momento per l’oro, sebbene il sistema delle banche centrali stia proseguendo in acquisti massicci di lingotti. In Asia, c’è il serio tentativo di allentare la dipendenza dal dollaro, rimpiazzandolo con questo asset millenario. Per il momento la strategia non sembra pagare, se è vero che ad apprezzarsi sia proprio il biglietto verde, mentre a deprezzarsi sia l’oro.

La FED prospetta un altro aumento dei tassi entro fine anno. L’economia americana continua a crescere, il mercato del lavoro resta in piena occupazione e l’inflazione sopra il target del 2%. Ci sarebbero tutte le condizioni per continuare la stretta monetaria, anche semplicemente per mettere nella cassetta degli attrezzi quante più munizioni possibili per quando serviranno. Un po’ lo scopo delle altre banche centrali dopo un lungo decennio di tassi a zero o negativi. Uno scenario che non può offrire sostegno all’oro, anche perché spianerebbe la strada a una recessione globale, a sua volta capace di tirare giù l’inflazione.

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