L’annuncio è da record, anche e i precedenti massimi storici appartenevano alla stessa Cupertino: Apple effettuerà riacquisti azionari, in gergo “buyback”, per 110 miliardi di dollari quest’anno. Nel 2023 erano stati di 90 miliardi, così come nei due esercizi precedenti. Altri 75 miliardi arrivarono nel 2019, mentre l’anno prima era stato segnato il record infranto solo con l’annuncio di questi giorni: 100 miliardi. Per trovare un’altra società tra le più generose a Wall Street dobbiamo scendere in settima posizione con i 75 miliardi di Chevron nel 2023.

Buyback Apple premia azionisti

Il buyback di Apple è una buona notizia per gli azionisti. Esso consiste nell’acquisto di azioni da parte della stessa società. La più alta domanda offre sostegno alle quotazioni. E poiché le azioni riacquistate sono sottratte dalla circolazione, si spartiranno gli utili quelle rimanenti. E così, il dividendo unitario tenderà ad aumentare.

Nel primo trimestre dell’anno, Cupertino ha fatturato 90,75 miliardi, -4,31% su base annua. Anche l’utile netto risulta sceso del 2,17% a 23,64 miliardi. I risultati, tuttavia, sono risultati superiori alle attese. Ad avere tradito sono state le vendite di iPhone. La società guidata da Tim Cook sin dalla morte del suo fondatore Steve Jobs punta adesso sui nuovi iPad e sull’iPhone 16. Gli smartphone incidono per poco più della metà dei ricavi complessivi. Una loro flessione si rivela esiziale per i conti aziendali.

Capitalizzazione in borsa seconda solo a Microsoft

I buyback di Apple hanno portato nell’ultimo quinquennio, incluso quello in corso, a una distribuzione di valore pari a 430 miliardi. Cifre impensabili per Piazza Affari, così come forse per tutte le altre borse mondiali. Ma pensate che a Wall Street la società capitalizza attualmente 2.830 miliardi, seconda solamente a Microsoft con circa 3.000 miliardi. Tale valore equivale a circa 28 volte gli utili netti dichiarati nei dodici mesi al 31 marzo. Per quanto i multipli possano sembrare elevati, superano di un pelo la media dell’indice S&P 500.

C’è da dire, tuttavia, che oramai le principali società hanno un peso strabordante sull’intero listino e ne influenzano marcatamente i ratios. A conti fatti, la cifra annunciata nei giorni scorsi è pari al 4% del valore di borsa.

Investimenti in R&I più bassi

Se confrontiamo i buyback di Apple con le spese in ricerca e sviluppo negli ultimi cinque esercizi, incluse le stime per il 2024, otteniamo che queste ammontino a circa 117 miliardi, praticamente quasi quattro volte in meno dei primi. Nel quinquennio 2020-2024, i profitti netti saranno ammontati a 450 miliardi, di cui il 95,5% andati a favore degli azionisti. Ed è naturale che sia così. L’obiettivo perseguito da una società deve essere il massimo profitto a favore dei soci. Ciò che fa sorgere qualche dubbio è la relativa bassa spesa in ricerca e sviluppo, che segnala la capacità di innovare e di produrre profitti futuri.

Intendiamoci, 117 miliardi di investimenti in cinque anni sono tanti in valore assoluto. Il fatto è che la media annua rappresenta meno dell’1% della capitalizzazione in borsa. Per caso Apple starebbe puntando eccessivamente sui buyback e poco sulla sua crescita futura? Il mercato non sembra condividere tale timore. Negli ultimi cinque anni, le azioni in borsa sono quadruplicate e in circa sette anni e mezzo sono pressappoco quintuplicate. Rispetto all’inizio dell’anno restano in leggero calo (-0,60%), una pausa quasi salutare, anziché essere preoccupante.

Buyback Apple generosi e liquidità abbondante

Viene da chiedersi perché questi buyback di Apple siano così generosi. Forse è necessario rifarsi alla storia peculiare della società, che solamente nel 2012 decise di distribuire il primo dividendo dopo diciassette anni e su minacce legali degli azionisti. Alla fine di dicembre, aveva accumulato riserve liquide per 202,6 miliardi. La mela morsicata non solo produce utili e storicamente è stata parsimoniosa nel distribuirli, ma possiede anche una marea di denaro pronto ad essere investito.

All’occorrenza avrebbe la possibilità di reagire agli shock del mercato, eventualmente puntando anche all’acquisizione di business rivali profittevoli. Questo spiegherebbe la ragione per cui i record non impensieriscono il mercato. Certo, la capacità di innovazione si misura dalle invenzioni interne più che dalle acquisizioni. Cook dovrà dosare bene riacquisti azionari e investimenti in ricerca per mantenere il primato commerciale e in borsa del colosso che guida con successo da oltre una dozzina di anni.

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