Se il centesimo per ciascuna busta biodegradabile aveva scandalizzato tutta Italia, il recente rapporto di Legambiente-Altraeconomia dovrebbe fare altrettanto. Stando a quanto afferma Legambiente, in collaborazione con Altraeconomia, siamo di fronte a quello che è già stato ribattezzato come business dell’acqua in bottiglia. Di cosa si tratta? Fondamentalmente, con il concetto di “business” si identifica il guadagno spropositato delle aziende del settore dell’acqua rispetto alle spese affrontate per il pagamento del canone di concessione applicato dalle singole regioni italiane.
Tra le altre cose, non mancano alcune situazioni paradossali tipiche dell’Italia che abbiamo imparato a conoscere durante la nostra storia ultra centenaria.

Il giro d’affari delle aziende del settore acqua

Il rapporto di Legambiente e Altraeconomia mette in luce la discrepanza tra spesa e introito effettivi delle aziende del settore acqua, le quali hanno raggiunto un presidio pari al 75 per cento del mercato. Il dato più sconcertante riguarda quello del canone di concessione stabilito autonomamente dalle Regioni: 1 millesimo ogni litro d’acqua. Ma non basta. Infatti, se a questo aggiungiamo le cifre del giro d’affari generato da quello che è uno dei beni più preziosi al mondo, la situazione assume i contorni del grottesco: 2,8 miliardi di euro, per una spesa complessiva di 12 milioni di euro, con una differenza di 2,780 miliardi.

Il problema dell’inquinamento

Se le aziende pagano alle Regioni, in media, un millesimo a litro d’acqua, i cittadini sborsano un importo 250 volte maggiore al momento dell’acquisto dentro i supermercati o in qualunque altra attività commerciale di una bottiglia contenente un litro d’acqua. C’è poi un altro problema, quello dell’inquinamento: il 90 per cento di acqua viene conservato in bottiglie di plastica, nonostante da anni l’Unione Europea si batta per eliminare progressivamente tale materiale. E non è tutto, visto che oltre alla questione ambientale si aggiunge anche quella strutturale: su 100 litri d’acqua immessi, il 40 per cento viene disperso, senza poi essere recuperato.
A questo riguardo, la peggiore di tutte è Campobasso, con una percentuale pari al 68 per cento.
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