Si chiamano Tigran Gambaryan e Nadeem Anjarwalla, rispettivamente di 39 e 37 anni. Sono detenuti in una “casa sorvegliata” in Nigeria da oltre due settimane con l’accusa di avere tramato contro la naira, provocandone la svalutazione. Erano stati convocati il 25 febbraio scorso presso la banca centrale per rendere conto al governatore Olayemi Cardoso e alle autorità anti-crimine sulle attività di Binance con riferimento alle stablecoin. Queste sono finite sul banco degli imputati per le numerose transazioni sospette e dietro le quali si celerebbero operazioni illegali.

Naira in fumo, Binance sotto accusa

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Le accuse a Binance sul crollo della naira

Gambararyan si era partito dagli Stati Uniti, in cui vive, essendo cittadino americano. L’head of financial crime compliance di Binance era stato agente dell’Irs per la Cyber Crimes Unit. Anjarwalla ha doppio passaporto britannico e keniota ed è manager per l’Africa della prima piattaforma exchange per criptovalute nel mondo. Il governo di Abuja ha chiesto alla società un risarcimento di 10 miliardi di dollari. Sostiene che nel 2023 attraverso Binance sarebbero transitati 26 miliardi di fondi non tracciabili. In tutto, le transazioni sono state pari a 600 miliardi, il 12% del Pil della Nigeria. Pensate che le rimesse degli emigranti annualmente si aggirano intorno ai 24 miliardi.

Binance ha replicato alle accuse sostenendo di non avere a che fare con il crollo della naira. Essa si limita a mettere in connessione domanda e offerta di criptovalute, dal cui incontro scaturisce il prezzo. Ha altresì rilevato che non tutte le transazioni contestate riguarderebbero la valuta emergente, essendo data la possibilità agli utenti di scambiare una criptovaluta contro un’altra.

Cosa sono le stablecoin

I riflettori si sono accessi sulle stablecoin, come dicevamo. Sono criptovalute diverse da quelle note come Bitcoin. Esse hanno un valore fissato contro un asset, generalmente una moneta fiat (dollaro) o una materia prima (oro, ecc.).

Ad esempio, Tether fissa un rapporto di 1:1 con il dollaro Usa. Questo richiede l’acquisto di valuta americana a copertura integrale degli investimenti degli utenti. Secondo le istituzioni della Nigeria, numerose transazioni avrebbero approfittato di questi asset per scambiare naire contro dollari a tassi di cambio anche nettamente inferiori a quello ufficiale.

La naira è stata svalutata due volte nell’ultimo anno. Perde il 70% rispetto a dodici mesi fa. Al mercato nero ancora vale un po’ meno del suo tasso ufficiale di 1.585,85. Tuttavia, la divergenza dei mesi passati è grosso modo rientrata. Il crollo del cambio non ha a che fare minimamente con Binance e le stablecoin. Questi sono stati semmai uno degli strumenti a cui i nigeriani hanno fatto ricorso per accedere ai dollari, di cui il paese africano è da tempo carente. Un po’ come prendersela col termometro quando si ha la febbre.

Economia in Nigeria al collasso

La Nigeria risulta essere il secondo paese al mondo dopo l’India per tasso di adozione delle criptovalute. Lo rivelano i dati di Chainanalysis. A titolo di confronto, l’Italia figura in 36-esima posizione. Il presidente Bola Tinubu, in carica da meno di un anno, sta cercando di raddrizzare l’economia dopo un decennio perduto sotto il predecessore Muhammadu Buhari. Tra le varie riforme varate, il taglio dei sussidi (tra cui per l’acquisto di carburante) al fine di tagliare la spesa pubblica, l’aumento delle entrate fiscali e la svalutazione del cambio per risollevare le riserve valutarie.

Binance chiude battenti in Nigeria

Il paese lotta anche con un’inflazione salita al 30% e che sta falcidiando i già bassi redditi delle famiglie. Le stablecoin sono state un modo come un altro per mettere al riparo i propri risparmi dalla perdita del potere di acquisto. Ma dopo i fatti di queste settimane, Binance ha annunciato nei giorni scorsi che sospende l’erogazione dei servizi legati alla naira.

In Nigeria, nei fatti, non opera più. Una battuta di arresto pesante per l’exchange, che punta ad espandersi sui mercati emergenti. Qui, le potenzialità di crescita sono enormi. Basti pensare al grande interesse riscosso presso i paesi alle prese con crisi valutaria e svalutazioni, tra cui Turchia, Etiopia, Egitto e Kenya.

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