Non sappiamo se sia “una delle pagine più scandalose della nostra Repubblica”, per dirla con le parole di Egle Possetti, a capo del Comitato Ricordo Vittime Ponte Morandi. Di certo, possiamo affermare che la famiglia Benetton non lascerà Autostrade per l’Italia a mani vuote. A meno di tre anni dalla tragedia che coinvolse Genova e tutta Italia, in cui persero la vita 43 persone, il Consiglio di Amministrazione di Atlantia ha approvato l’offerta inviatagli da Cassa depositi e prestiti e i fondi privati Macquarie e Blackstone.

La proposta valorizza tutta Autostrade 9,1 miliardi, a cui si aggiungo 200 milioni di cosiddetto “ticking fee”, cioè il rendimento atteso del capitale da qui alla chiusura dell’operazione, fissata per il primo trimestre del 2022. In tutto, fanno 9,3 miliardi. Atlantia possiede l’88% di Autostrade, per cui incasserà quasi 8,2 miliardi. Di questi, alla famiglia Benetton andranno poco meno di 2,5 miliardi. In effetti, i quattro storici fratelli dell’imprenditoria veneta, di cui due ormai deceduti, controllano la holding attraverso il fondo Edizione al 30,25% del capitale.

Sappiamo anche che Cassa depositi e prestiti, controllata dal Tesoro per l’83% del capitale, sarà azionista di maggioranza della cordata a cui ha dato vita per rilevare Autostrade. Essa deterrà il 51%. Pertanto, dei circa 2,5 miliardi di “buonuscita” a cui i Benetton avranno diritto sulla base dell’offerta, 1,26 miliardi saranno a carico dei contribuenti italiani. Non è finita. Nell’accordo si pone un tetto di 150 milioni agli eventuali indennizzi a cui Atlantia sarà chiamata a rispondere in merito al crollo del Ponte Morandi. Superata questa cifra, il 75% sarà pagato sempre dalla holding fino a un massimo di 459 milioni, mentre il restante 25% sarà a carico di CDP e fondi alleati.

Affare Autostrade per chi?

Cosa significa? Lo stato si accollerà almeno una parte degli indennizzi legati alla tragedia, sgravando i Benetton. E non è una questione da poco.

Le trattative sulla cessione di Autostrade si erano arenate fino a qualche mese fa proprio sull’incognita indennizzi. La famiglia temeva di incassare con una mano e di perdere con l’altra. Adesso che si è posto un tetto all’esborso massimo, Atlantia può cantare vittoria. Nel caso in cui, per ipotesi, i giudici condannassero Autostrade a risarcire i familiari delle vittime per 1 miliardo di euro, oltre 600 milioni sarebbero versati dallo stato.

Se questa sia una soluzione accettabile sul piano etico, ancor prima che industriale, lo diranno con ogni probabilità gli eventi futuri. Di certo, il furore punitivo di parte dei politici nei primi mesi dopo la tragedia è stato più che soppiantato dal compromesso al ribasso. Autostrade tornerà in capo allo stato, cosa che di per sé non è neppure una garanzia di sicurezza e investimenti adeguati. Chiedere per avere conferma agli automobilisti nei tratti già oggi nelle mani pubbliche. I Benetton non escono affatto distrutti dall’accordo, anzi adesso dispongono di liquidità sufficiente per potersi buttare in un nuovo business. Dall’altra parte, però, perdono una gallina dalle uova d’oro, che dalla sua nascita al 2020 ha fruttato utili netti per oltre 9 miliardi.

Certo, il governo può vantare dal canto suo di avere pagato Autostrade meno dei 13 miliardi che oggi vale in borsa. E il titolo prezza circa un terzo in meno rispetto alle sedute precedenti il crollo del Ponte Morandi. In teoria, grazie all’accordo vi sarebbero i presupposti per una sua risalita. Ai prezzi dell’estate 2018, la CDP si ritroverebbe in possesso di una quota dal valore di mercato di circa 9 miliardi, oltre il doppio dei quasi 4,2 miliardi spesi per rilevare poco meno del 45% della società. Nel frattempo, incasserà la distribuzione degli utili con cui fronteggiare per i primi anni i possibili indennizzi a cui sarà chiamata.

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