Si direbbe che piova sul bagnato. E così è. Al Future Minerals Forum di Riad, il padrone di casa e ministro per l’Industria e le Risorse Minerarie, Bandar Al Khorayef, ha dichiarato che il valore delle materie prime minerarie sul sottosuolo dell’Arabia Saudita è stato raddoppiato dai 1.300 miliardi di dollari stimati nel 2016 a 2.500 miliardi. Tra questi vi sono oro, rame, fosfato e terre rare. Sono state effettuate nuove scoperte, ha aggiunto, chiarendo che il terreno scandagliato sarebbe ancora del 30%. L’obiettivo sarà di arrivare al 100%, lasciando intravedere un ulteriore aumento del valore complessivo.

Petrolio resta fondamentale per l’economia del regno

In pratica, l’Arabia Saudita siede su una miniera d’oro, come se non bastasse la sua immensa ricchezza derivante dal petrolio. Il paese è secondo al mondo dopo il Venezuela per riserve petrolifere, anche se rispetto a Caracas estrae almeno dieci volte la quantità di barili ogni giorno e a prezzi di circa una decina di volte inferiori. Ai prezzi attuali di mercato, il valore soltanto di questa materia prima sul sottosuolo del regno si aggira sui 21.000 miliardi di dollari.

Sempre il ministro ha spiegato che in questi giorni saranno siglati contratti per 20 miliardi legati allo sfruttamento dei minerali. Negli ultimi due anni, le licenze rilasciate si aggirano intorno alle 4.500. Riad ha sviluppato già 33 progetti di esplorazione, almeno altri 30 saranno affidati agli investitori stranieri quest’anno.

Vision 2030 tra micro-riforme e mega-progetti

Il principe ereditario Mohammed bin Salman svelò nel 2016 la cosiddetta Vision 2030, un piano a lungo termine per diversificare l’economia dell’Arabia Saudita con l’obiettivo di allentarne la dipendenza dal petrolio entro la fine di questo decennio. Esso include numerosissime micro-riforme, tra cui la crescente liberalizzazione del settore privato, l’aumento dell’occupazione femminile e l’attrazione dei capitali stranieri. Questi si rivelano fondamentali per sviluppare attività slegate dal business del petrolio.

Uno dei mega-progetti su cui punta il principe riguarda la costruzione di Neom, una città futuristica lineare in pieno deserto, dove i trasporti pubblici sarebbero alimentati solamente dalle energie rinnovabili e vero paradiso finanziario per i residenti. Il sito sarebbe sottratto alla legislazione saudita e non seguirebbe i costumi del resto del regno. Un modo per attirare facoltosi cittadini stranieri, ad oggi poco allettati dai costumi ultra-conservatori della penisola. Il costo per la costruzione è stato stimato in 500 miliardi, tanto che non sono in pochi a metterne in dubbio la realizzazione.

Arabia Saudita a caccia di capitali stranieri con un’immagine più moderna

Anche lo sport fa parte di questa strategia del principe. Dovrà contribuire all’1,5% del PIL, oltre che a svecchiare l’immagine dell’Arabia Saudita nel mondo, specie attraverso il calcio. Notevole il miglioramento della condizione delle donne nel mondo del lavoro. In soli due anni, il loro tasso di occupazione tra il 2018 e il 2020 è schizzato dal 19% al 33%. Non disponiamo di dati aggiornati al 2023, ma se questo è il trend supponiamo che risulteranno ancora più alti. Impensabile fino a poco tempo fa. In generale, tutta l’occupazione è in crescita grazie alla Vision 2030: dal 52% del 2016 al 58% attuale.

Nelle scorse settimane, il diritto commerciale è stato rivisto assegnando minore discrezionalità ai giudici, che sono soliti basare le loro sentenze sulla legge islamica o Sharia. Questa resta in vigore, ma si dovranno seguire precisi canoni, così da rendere la giurisdizione meno aleatoria e più affidabile per gli investitori stranieri. La riforma avrà effetti retroattivi sui contratti già siglati, anche se perlopiù gli stranieri preferiscono bypassare le corti saudite stipulando accordi sotto la legge britannica.

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