L’ex monopolista del mercato mondiale dei diamanti, De Beers, che ancora oggi produce il 30% delle gemme offerte nel pianeta, ha tagliato la scorsa settimana i prezzi di vendita del 9%, corrispondente a 250 milioni di dollari di minori incassi. Dall’inizio dell’anno, il calo dei prezzi è stato del 14% e il mercato delle pietre preziose si sta dirigendo verso un quinto trimestre di contrazione, il periodo più lungo da oltre un decennio. A luglio, De Beers ha tagliato il target della produzione annuale a 29-31 milioni di carati dai 30-32 milioni precedentemente fissati e dall’obiettivo dei 34 milioni di inizio anno.

La minore produzione non è stata ad oggi sufficiente a stabilizzare i prezzi. Per questo, la compagnia, guidata dal 2011 da Philippe Mellier, ha annunciato l’avvio di una massiccia campagna pubblicitaria, che si concentrerà sui 2 mercati più importanti, ovvero su USA e Cina, che da soli rappresentano oltre la metà delle vendite globali. E proprio quest’aspetto potrebbe rappresentare l’ennesima conferma che le principali economie del pianeta starebbero rallentando il passo, anche se la relazione diretta tra crescita e vendite di diamanti non è scontata. In termini di valore, la sola Cina rappresenta un quinto del mercato mondiale delle gemme. Tra il 2008 e il 2013, all’apice del boom dei diamanti, le vendite nel Dragone asiatico crebbero al ritmo medio del 18% all’anno, mentre oggi si ha un aumento a una sola cifra. Secondo Kiran Gems, la redditività nel periodo aprile-giugno per i traders è diminuita del 10-15% su base annua in India, il paese maggiormente interessato dal business. L’India esporta all’anno diamanti  per 23 miliardi di dollari, ma a causa della minore domanda cinese, a luglio ha registrato un calo annuo del 18,3% a 1,5 miliardi, così come le importazioni sono crollate del 43% a 1,9 miliardi. Su base annua, ci si aspetta un crollo delle importazioni di almeno il 20%.
La tempistica dei crolli non è causale: con lo scoppio della bolla finanziaria a Shanghai, le famiglie più ricche hanno paura di investire la loro liquidità nei diamanti, i cui disinvestimenti sono tipicamente molto lenti e potrebbero richiedere anni per essere realizzati. La crisi dei diamanti potrebbe, però, solo in parte essere legata alla Cina, rispecchiando anche un eccesso di offerta di cui si discute da anni. Molte pietre sarebbero tenute nei caveau da anni per tenere alti i prezzi. Il fenomeno potrebbe costringere le compagnie, De Beers inclusa, a ridurre o anche fermare temporaneamente la produzione, in modo che il mercato abbia il tempo di assorbire tale maggiore offerta.