Mancano quattro mesi abbondanti alla presentazione della nuova legge di Bilancio, ma già il governo di Giorgia Meloni è al lavoro per fare il punto sulla situazione. Il 19 giugno la Commissione europea aprirà contro l’Italia una procedura d’infrazione per deficit eccessivo e potrebbe richiedere a Roma un aggiustamento dei conti pubblici per 8,5 miliardi di euro. Sarebbe appena lo 0,4% del Pil, ma le risorse languono. Ci sono ancora da trovare i 10 miliardi per confermare il taglio del cuneo fiscale e altri 4 per la riforma fiscale già entrata in vigore a gennaio.

Ciononostante l’esecutivo vuole andare avanti con il taglio delle tasse, madre di tutte le promesse in campagna elettorale. E dall’Ordine dei Commercialisti, riunito a Roma per gli Stati Generali, è arrivata una proposta al suo indirizzo: estendere l’aliquota Irpef del 35% ai redditi fino a 70 mila euro.

Taglio tasse, aliquote Irpef scese a tre

Da quest’anno le aliquote sono state ridotte da quattro a tre:

  • 23% fino a 28.000 euro
  • 35% tra 28.001 e 50.000 euro
  • 43% sopra 50.000 euro

I primi due scaglioni di reddito sono stati fusi, abbassando nei fatti la pressione fiscale ai redditi tra 15 e 28 mila euro. Fino al 31 dicembre scorso pagavano l’aliquota Irpef del 25%, oggi del 23%. Il risparmio massimo è di 260 euro all’anno. Per i commercialisti, però, i redditi sopra 50 mila euro non hanno beneficiato affatto della riforma. In effetti, il governo Meloni ha ridotto loro le detrazioni di un importo forfetario di 260 euro, azzerando i minori versamenti dovuti a seguito dell’accorpamento dei primi due scaglioni.

Ma i redditi medio-alti contribuiscono in misura strabordante al gettito. I contribuenti che dichiarano almeno 55.000 euro lordi, versano al Fisco circa il 42% dell’Irpef netta complessiva. E sono appena il 5,5% del totale. Non è equo che siano esclusi dai benefici e che siano chiamati solamente a pagare. Per questo i commercialisti hanno avanzato alla premier una proposta: allargare il secondo scaglione per ricomprendervi i redditi fino a 70 mila euro.

Questo significherebbe far pagare a chi dichiara tra 50 e 70 mila euro l’aliquota del 35%.

Costi stimati per la riforma fiscale

A quanto ammonterebbe il beneficio per il contribuente? Poiché si tratterebbe di pagare l’8% in meno sopra 50 mila euro, il risparmio d’imposta sarebbe nell’ordine di 80 euro su ogni 1.000. Chi dichiarasse 70 mila, pagherebbe 1.600 euro in meno. Grosso modo, il risparmio sarebbe di un decimo rispetto alla media di quanto versato attualmente da questa fascia di reddito. E il costo per lo stato? Considerato che nella fascia 55-75 mila (ok, non è perfettamente coincidente con quella ipotizzata) vi rientri 1 milione di contribuenti per circa 17 miliardi di Irpef versata, deduciamo che sarebbe all’incirca sugli 1,7 miliardi.

Il costo sarebbe limitato, mentre l’ipotesi alternativa di abbassare l’aliquota del 43% al 35% risulterebbe più onerosa, avvertono i commercialisti. In effetti, per i numeri sopra accennati, emergerebbero minori incassi per lo stato almeno quattro volte tanto. Sul piano politico, anche la proposta dei commercialisti richiede coraggio. Il governo verrebbe facilmente tacciato di favorire “i ricchi”. Poco importa se quest’anno ha ridotto l’imposta solamente alla fascia medio-bassa.

Aliquota Irpef 35% estesa al terzo scaglione e/o abbassata

Ci potrebbero essere sempre soluzioni miste. Una potrebbe consistere nell’estendere ai redditi fino a 70.000 euro (o altra soglia) l’aliquota del 35% e contemporaneamente abbassare quella del 43% di qualche punto. Si potrebbe anche estendere il secondo scaglione, come suggerito dai commercialisti, riducendo al contempo l’aliquota del 35%. Non ci sono limiti alla fantasia, mentre ve ne sono per i conti pubblici. Il governo non può permettersi un taglio delle tasse in deficit, ma questo richiede interventi sul fronte della spesa di difficile realizzazione in Italia. Tra l’altro, una manovra correttiva limiterebbe ulteriormente i già strettissimi margini disponibili tra le pieghe del bilancio.

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