Si avvicina la Pasqua cristiana e tra le tradizioni di tale festa, c’è il rito di mangiare carne di agnello. Ma quanti di coloro che rispettano tali tradizioni si sono mai chiesti il vero significato del mangiare carne di agnello il giorno della risurrezione di Cristo?

Mangiare agnello è un rito della Pasqua ebraica

Mosè, come è scritto nel 12° capitolo dell’Esodo, programmò la fuga del suo popolo dall’Egitto. Tutti gli ebrei, consumarono l’agnello in piedi con il bastone, pronti per la partenza, e segnarono con il sangue dell’animale le porte delle abitazioni.

Così facendo tutti i primogeniti ebrei si sarebbero salvati dalla 10° Piaga (che prevedeva la morte di tutti i primogeniti, umani ed animali), quella che avrebbe convinto il Faraone a lasciar andare via gli israeliti. Dall’Esodo 12, versetto 11:  “questa è la Pasqua del Signore!. Ed ancora al versetto 14: “Questo giorno sarà per voi un memoriale; lo celebrerete come festa del Signore: di generazione in generazione, lo celebrerete come un rito perenne.”.  In questi 2 versetti  Mosè istituisce dunque la Pasqua ebraica. Ma nei versetti successivi indica cosa altro avrebbero dovuto fare gli ebrei per celebrare tale memoriale, e il cibarsi di agnello non è menzionato. Mosè infatti ordina di mangiare azzimi, per 7 giorni. Ma non agnello. Mosè non vieta di mangiarlo l’8° giorno, ma neppure lo prescrive. Al giorno d’oggi la celebrazione della Pasqua ebraica, che coinvolge tutti i familiari con la lettura dell’Haggadà – libro della leggenda, si svolge in modo simile a come si svolgeva 2 millenni fa, e dunque vede banditi i cibi lievitati, e per questo si mangia esclusivamente il pane azzimo, come prescritto da Mosè, ma la tavola, durante la festa, è ricca anche di altri cibi simbolici: le erbe amare che ricordano la sofferenza del popolo ebraico, le erbe rosse, un uovo che simboleggia il lutto e la salsa charoseth, usata dagli schiavi ebrei in Egitto e, appunto, l’agnello arrostito intero.

L’usanza di mangiare agnello risale in realtà a popolazioni semi-nomadi

I riti che stanno all’origine della Pasqua Ebraica (detta “pesah”, ovvero agnello) risalgono in realtà ad un’antichissima celebrazione familiare di tipo pagano con la quale i pastori solennizzavano l’inizio del nuovo anno, nel mese di abib (in seguito nisan), nella notte immediatamente precedente la partenza per i pascoli estivi: al chiaro della luna piena si immolavano i primi nati del gregge il cui sangue veniva impiegato a scopo apotropaico e propiziatorio per proteggere pastori e greggi da influenze demoniache e assicurare la fecondità, mentre la carne veniva consumata in un pasto cultuale che aveva lo scopo di rinsaldare i vincoli di parentela della famiglia e della tribù. Dunque una usanza pagana, che, come è accaduto di sovente nella storia umana, è stata rielaborata all’interno di una fede religiosa.

Le vere origini della Pasqua Cristiana

La Pasqua cristiana fu istituita per preciso volere dell’imperatore Costantino I nel 325 d.C. con il Concilio di Nicea. Costantino si trovava in quegli anni con un mondo cristiano nel quale si stava consumando una faida, tra la scuola di pensiero che faceva capo ad Ario, che considerava Cristo come umano, e la scuola classica di Alessandria, che invece premeva perchè Cristo fosse ritenuto di natura divina, “della stessa sostanza del padre”. Costantino si trovava inoltre a dover gestire un problema ancor più pesante: l’impero romano era vicino al collasso, per le fortissime spinte centrifughe dei paesi periferici, che volevano una sempre maggiore indipendenza. C’è da osservare un importante fenomeno di quel periodo: l’esercito romano era ormai costituito soprattutto da soldati provenienti dai paesi periferici, che dunque fornivano a Roma il suo strumento più potente, ovvero il suo braccio armato.

E’ naturale che un paese che fornisca tale potere a Roma, voglia essere ripagato. E il denaro con cui i paesi barbari volevano essere pagati era maggiore potere e maggiore indipendenza. Possibilmente una totale indipendenza, e accadeva di frequente che ci fossero ribellioni (la battaglia di Teutoburgo, avvenuta nel 9 DC, era probabilmente ricordata come il segno che Roma poteva essere non solo sconfitta, ma bandita per sempre da un territorio). Costantino vide nel Cristianesimo un nuovo strumento, stavolta non armato ma ideologico, per tenere in piedi l’Impero. Se in tutto l’Impero fosse diventato pensiero dominante che tutti gli umani erano fratelli, come insegnava il Cristianesimo, allora sarebbe stato più difficile alzare la spada contro Roma per ottenere maggiore indipendenza. Dunque il Cristianesimo fu visto come un collante, ma per poter essere un collante valido la faida interna alla Chiesa Cristiana di allora doveva cessare. Il Consiglio di Nicea stabilì la natura divina di Cristo ed istituì la celebrazione della Pasqua. Le feste, l’imperatore lo sapeva bene, erano un modo per sedurre il popolo. Ed una festa è tanto più in grado di sedurre quanto più essa si riempie di elementi “emotivi” come il cibo, o altri elementi folcloristici e gaudenti. Sebbene dunque Costantino inizialmente si espresse in modo durissimo verso gli ebrei (Eusebio di Cesarea riportòche l’imperatore pronunciò le seguenti parole  ” sembrava una cosa indegna che nella celebrazione di questa santissima festa si dovesse seguire la pratica dei Giudei, che hanno insozzato le loro mani con un peccato enorme, e sono stati giustamente puniti con la cecità delle loro anime. …È bene non avere nulla in comune con la detestabile cricca dei Giudei; in quanto abbiamo ricevuto dal Salvatore una parte diversa“)   e dunque è possibile che inizialmente l’uso di mangiare agnello sia stato scoraggiato (anche se non ci sono prove, dunque non sappiamo se sia stato veramente scoraggiato), lo stesso Costantino non solo era estremamente mutevole nelle sue posizioni (inizialmente vicino alla scuola classica di Alessandria finì con gli anni per appoggiare le tesi di Ario), ma anche ovviamente sensibile alla ragion politica, dunque lui e la Chiesa probabilmente lasciarono fare il popolo che autonomamente inserì nella Pasqua Cristiana elementi di altre fedi o culti pagani.
L’usanza di mangiare l’agnello a Pasqua per i cristiani, dunque, è un rito “copiato” all’ebraismo come testimonia anche l’Enciclopedia Cattolica: “”Nei fatti, la festa Ebraica è stata inserita nella celebrazione Pasquale Cristiana: la liturgia celebrante il passaggio di Israele attraverso il Mar Rosso, l’agnello pasquale, la colonna di fuoco, etc.”  http://www.catholic.org/encyclopedia/view.php?id=4116  ( L’Enciclopedia Cattolica è la più completa risorsa sull’insegnamento cattolico, la storia cattolica e le informazioni relative collezionate in tutta la storia umana). La copia del rito dell’agnello fu dunque il frutto di una convergenza di interessi: i romani volevano festeggiare mangiando come avevano sempre fatto, e l’impero voleva che i romani si sentissero cristiani.

Il cristianesimo nella storia: sostituire per unire

Ma c’è un ulteriore motivo per il quale il cristianesimo accolse riti, usanze, credi, di altre religioni e culti. Il cristianesimo infatti doveva sostituirsi alle altre religioni e culti pagani, perchè doveva essere la religione ufficiale, la religione dominante, quella in grado di unire l’impero. Inglobando in se’ le tradizioni più importanti degli altri culti il Cristianesimo dimostrava di essere simile alle altre religioni, ed aveva così più possibilità di sostituirle. Ed ecco che con  l’adozione della tradizione ebraica del consumo dell’agnello a Pasqua,  il cristianesimo si accostava e si rendeva più vicino all’ebraismo, come fece con tutte le altre religioni con cui era in competizione. Ed anche quando il Cristianesimo non era in grado di soppiantare completamente un determinato culto,  inglobando in se alcuni elementi di tale culto riusciva perlomeno a coesistere con esso, a non farsi respingere dalle popolazioni che professavano originariamente tale culto.   Non per fede, ma per “business” Dunque il consumo di agnello fu lasciato, non sappiamo se incoraggiato ma sicuramente  neppure mai osteggiato dal Cristianesimo diventato religione ufficiale,  per motivi di “marketing”, di “affari”. Non un business economico, ma un business politico, strategico.

Benedetto XVI: “Gesù celebrò la Pasqua senza agnello”

Benedetto XVI, nell’Omelia tenuta il 5 aprile 2007 in San Giovanni in Laterano, afferma, riferendosi a Cristo: “Egli però ha celebrato la Pasqua con i suoi discepoli probabilmente secondo il calendario di Qumran, quindi almeno un giorno prima – l’ha celebrata senza agnello, come la comunità di Qumran, che non riconosceva il tempio di Erode ed era in attesa del nuovo tempio. Gesù dunque ha celebrato la Pasqua senza agnello – no, non senza agnello: in luogo dell’agnello ha donato se stesso, il suo corpo e il suo sangue. “ Ed ancora, nella stessa omelia: “San Giovanni Crisostomo, nelle sue catechesi eucaristiche ha scritto una volta: Che cosa stai dicendo, Mosè? Il sangue di un agnello purifica gli uomini? Li salva dalla morte? Come può il sangue di un animale purificare gli uomini, salvare gli uomini, avere potere contro la morte? Di fatto – continua il Crisostomo – l’agnello poteva costituire solo un gesto simbolico e quindi l’espressione dell’attesa e della speranza in Qualcuno che sarebbe stato in grado di compiere ciò di cui il sacrificio di un animale non era capace. Gesù celebrò la Pasqua senza agnello e senza tempio e, tuttavia, non senza agnello e senza tempio. Egli stesso era l’Agnello atteso, quello vero, come aveva preannunciato Giovanni Battista all’inizio del ministero pubblico di Gesù: “Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!” (Gv 1,29). Ed è Egli stesso il vero tempio, il tempio vivente, nel quale abita Dio e nel quale noi possiamo incontrare Dio ed adorarlo. Il suo sangue, l’amore di Colui che è insieme Figlio di Dio e vero uomo, uno di noi, quel sangue può salvare. Il suo amore, quell’amore in cui Egli si dona liberamente per noi, è ciò che ci salva. Il gesto nostalgico, in qualche modo privo di efficacia, che era l’immolazione dell’innocente ed immacolato agnello, ha trovato risposta in Colui che per noi è diventato insieme Agnello e Tempio.” (http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2007/documents/hf_ben-xvi_hom_20070405_messa-crismale_it.html) Dunque proprio quel Ratzinger che è da una vasta maggioranza del mondo cattolico considerato come una delle menti più brillanti del cattolicesimo, non solo chiarisce che Cristo non seguì il rituale ebreo di mangiare agnello (e dunque se una persona si considera veramente cristiana, ovvero seguace di Cristo, è chiamata ad imitare Cristo stesso smettendo di mangiare agnello), ma arriva a considerare come “nostalgico e privo di efficacia” il sacrificio dell’animale. Sacrificare, e dunque mangiare, un agnello, non solamente è inutile, ma tende a sminuire l’importanza assoluta del sacrificio di Cristo, unico e vero agnello sacrificale.   Altre voci critiche verso il mangiare agnello Quanto detto da Ratzinger sembra riprendere le parole di Origene di Alessandria, tra i principali scrittori e teologi cristiani dei primi tre secoli, che invitava i cristiani a cibarsi del vero agnello (ovvero Cristo) compiendo il vero passaggio della Pasqua. E già nel dibattito di Laodicea, nel 165 D.C. tutti i padri della giovane Chiesa cristiana (una chiesa ancora abbastanza pura, nella quale ancora non si era infiltrato il potere imperiale), si trovarono concordi nell’abolire il sacrificio dell’agnello pasquale, poiché tale sacrificio altri non era che una prefigurazione della Passione di Cristo e che, ora che il vero sacrificio era stato compiuto, l’immolazione dell’agnello non aveva più senso. Anche Giovanni Paolo Tasini, nel suo scritto “Fondamenti veterotestamentari dell’eucarestia”, spiega come mangiare agnello a Pasqua sia “quasi blasfemo”: Anche oggi la Pasqua è un rito, ha mantenuto tutto quello che poteva mantenere della Pasqua, ma che cosa manca oggi? Manca l’agnello, perché manca il Tempio; non si può prendere l’agnello e metterlo in tavola, perché l’agnello che si mangia per la Pasqua è un agnello offerto a Dio, consacrato, non è semplicemente un agnello… Sono cambiate parecchie cose, sarebbe quasi blasfemo usare un agnello, viene apposta sostituito da altre cose che, proprio perché sono un sostituto, fanno emergere che l’agnello non c’è, non c’è il Tempio, non c’è l’altare…”

Ringraziamenti

Per la realizzazione di questo articolo si ringrazia in modo particolare l’associazione Cattolici Vegetariani  che ha aiutato nel reperimento del materiale e si è resa disponibile a rispondere alle nostre domande.