La questione delle pensioni erogate dall’INPS è senza dubbio una materia complessa.
Raggiungere finalmente l’obiettivo del pensionamento rappresenta un traguardo molto significativo per numerosi lavoratori.
Tuttavia, una volta andati in pensione, emergono spesso dubbi e perplessità riguardo ai calcoli del trattamento e alle regole applicate dall’INPS per la liquidazione delle prestazioni.
In particolare, oggi analizziamo le numerose limitazioni che intervengono nel calcolo della prestazione e che possono provocare una certa delusione in chi, pur avendo diritto alla pensione, riceve importi inferiori rispetto alle aspettative.
Ecco perché a volte la pensione presa dall’INPS è inferiore alle aspettative
Le pensioni vengono oggi calcolate secondo tre differenti regimi previdenziali: retributivo, contributivo e misto.
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Con il sistema retributivo, il calcolo si basa sulle ultime retribuzioni percepite dal lavoratore, riferite agli ultimi 5 o 10 anni, a seconda che la carriera sia iniziata prima o dopo il 1992.
Tuttavia, il calcolo pienamente retributivo è oggi riservato a pochi contribuenti, ossia a coloro che non hanno versato contributi dopo il 31 dicembre 1995.
È infatti raro trovare soggetti con una carriera interrotta dal 1996 e che non siano ancora andati in pensione. -
Con il sistema contributivo, il meccanismo cambia.
La pensione si basa sull’ammontare dei contributi effettivamente versati nel corso della carriera, i quali confluiscono in un grande contenitore chiamato montante contributivo.
Al momento del pensionamento, questo montante si rivaluta in base al tasso di inflazione degli anni successivi ai versamenti.
Successivamente, il montante rivalutato viene moltiplicato per dei coefficienti di trasformazione, che risultano più vantaggiosi per chi esce dal lavoro a un’età più avanzata.
Il calcolo contributivo si applica a chi ha iniziato a versare dopo il 31 dicembre 1995.
Per tutti gli altri, ovvero coloro che hanno iniziato a lavorare prima del 1996 e hanno proseguito dopo, l’INPS applica il sistema misto.
- I periodi antecedenti il 1996 sono calcolati con il metodo retributivo.
- I periodi successivi sono invece calcolati con il sistema contributivo.
C’è però un’eccezione favorevole: chi al 31 dicembre 1995 aveva almeno 18 anni di contributi ha diritto al calcolo retributivo esteso fino al 31 dicembre 2011.
Ecco perché a volte l’INPS non può dare trattamenti molto elevati
Se tutto si riducesse ai soli contributi versati o alla carriera lavorativa, il calcolo della pensione INPS non presenterebbe particolari difficoltà.
In realtà, analizzando più a fondo ciò che l’INPS considera al momento della liquidazione della prestazione, emerge che il meccanismo non è affatto semplice.
Alcune misure pensionistiche prevedono limitazioni strutturali sugli importi.
Ad esempio, chi accede oggi al pensionamento con la cosiddetta Quota 103 non può in alcun caso percepire una pensione superiore a 4 volte il trattamento minimo, ovvero circa 2.400 euro lordi mensili.
Inoltre, con la Quota 103, a prescindere dalle regole di calcolo ordinarie, il trattamento è sempre determinato con il sistema contributivo.
Il lavoratore interessato deve accettare questa modalità di calcolo, anche se meno favorevole.
Lo stesso discorso vale per l’Ape Sociale, che prevede ulteriori vincoli di importo:
indipendentemente dal sistema di calcolo, l’importo massimo erogabile è di 1.500 euro al mese.
Anche questi limiti restano in vigore fino al raggiungimento dell’età pensionabile ordinaria, fissata a 67 anni.