La notizia della settimana sui social è che Mark Zuckerberg minaccerebbe la chiusura di Facebook e Instagram in Europa. Essa scaturisce da un documento inviato dal ricco fondatore alla SEC, la Consob americana. In esso si legge che in assenza di regole che consentano il trasferimento dei dati dall’Europa agli USA “non saremo più in grado di offrire alcuni servizi dei nostri prodotti e servizi più importanti, compresi Facebook e Instagram, in Europa”.
Nel luglio 2020, la Corte di Giustizia UE bloccò il Privacy Shield, un accordo che era stato sottoscritto mesi prima tra Unione Europea e USA per consentire il trasferimento dei dati dall’uno all’altro continente.
La fuga impossibile dall’Europa
Tuttavia, Meta, il nuovo nome della società che gestisce colossi come Facebook, WhatsApp e Instagram, ha smentito che abbia in mente di chiudere i suoi social in Europa. La reazione a Bruxelles era stata furente. Diversi eurodeputati avevano esternato quasi disgusto contro lo sprezzo delle regole da parte di Zuckerberg. Tra l’altro, il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, aveva duramente attaccato il social, sostenendo che non sarà l’Europa ad adeguarsi ai desiderata di Facebook, semmai viceversa.
In realtà, la società americana si era limitata a informare, come di suo dovere, la SEC circa i possibili rischi per il suo business. Tra questi, vi è per l’appunto il diverso trattamento dei dati personali tra USA ed Europa.
Dunque, anche solo immaginare di rimpiazzare i 300 milioni e passa di utenti giornalieri europei sarebbe impossibile per Zuckerberg. Uno di loro equivale in termini di ricavi a 4 asiatici e a 6 africani o sudamericani. La vicenda, però, rimarca l’importanza crescente dei “big data” nell’era di internet. Facebook perde oltre un terzo del suo valore in borsa quest’anno, travolto da una trimestrale inferiore alle attese. Il numero degli utenti iscritti si è ridotto per la prima volta negli ultimi mesi del 2021 e il social risconterebbe maggiori difficoltà a monetizzare i dati anche a causa delle nuove restrizioni di Apple sulla privacy, le quali impediscono la tracciabilità dei suoi dispositivi. Di conseguenza, Facebook non sarebbe più in grado di rivolgere offerte pubblicitarie personalizzate agli utenti Apple.
Facebook scende sotto 600 miliardi in borsa
La capitalizzazione del social a Wall Street è scesa sotto 600 miliardi di dollari in settimana. E pensare che fino a qualche settimana fa si pensava di superare stabilmente la soglia dei 1.000 miliardi. Non è detto, comunque, che di per sé sia un male. Almeno temporaneamente, la società non rischierebbe di essere assoggettata alla nuova stretta allo studio al Congresso ai danni delle grandi realtà digitali. Quelle con capitalizzazione o fatturato annuo di almeno 600 miliardi sarebbero sottoposte a una disciplina più stringente dell’Antitrust, specie in fase di acquisizione di società.
Tra l’altro, il magnate fondatore di PayPal, Peter Thiel, ha annunciato le dimissioni dal board per seguire le nuove avventure social e imprenditoriali dell’ex presidente Donald Trump, di cui è uno strenuo sostenitore. La notizia lancerebbe un ennesimo allarme sulla crescente disaffezione del mondo conservatore verso un social, accusato di essere troppo politicizzato, tanto da arrivare a bannare il profilo proprio del tycoon da oltre un anno a questa parte. A sinistra, invece, accusano Facebook di diffondere “fake news” a tutto vantaggio della destra. Insomma, sembra che nessuno ami più il social più popolare al mondo. E tra i giovani si guarda con crescente interesse ad alternative come TikTok. Anche per questo Zuckerberg punta ormai sul Metaverso. Il meglio altrimenti sarebbe alle spalle per il suo business.