Dallo stipendio alla pensione, quanto si perde e cosa si guadagna

Il rapporto fra pensione e ultima retribuzione percepita tende ad allargarsi col tempo. Tassi di sostituzione più penalizzanti nel sistema contributivo. Cosa c’è da sapere.
2 anni fa
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Rivalutazione importo della pensione
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Quanto prenderò di pensione? E’ questa la domanda ricorrente che preoccupa i lavoratori soprattutto quando iniziano a intravvedere il traguardo della rendita pubblica dopo anni di lavoro. Anche perché, si sa, le pensioni tendono al ribasso per via delle riforme del passato e si allarga la forbice con lo stipendio.

In gergo si parla di tasso di sostituzione, cioè quella percentuale che definisce l’ammontare della pensione rispetto all’ultima retribuzione percepita. Esistono programmi in rete che permettono di calcolare la pensione ancor prima di fare domanda, ma non sono precisi al centesimo.

Il tasso di sostituzione nel sistema contributivo

Tendenzialmente, comunque, l’importo della pensione diminuisce sempre più rispetto allo stipendio. Questo per effetto del minor peso che hanno i contributi versati nel sistema retributivo (più favorevole) rispetto a quello contributivo. Ma anche per altri fattori meno importanti.

A determinare l’importo della rendita finale è prevalentemente il coefficiente di trasformazione che è applicato al montante contributivo del lavoratore. Per la parte retributiva (minore), la pensione è calcolata sulla base della retribuzione media percepita negli ultimi 5 anni di lavoro. Importo che è rivalutato nel tempo. Per quella contributiva si applica, invece, il coefficiente di trasformazione in base all’età anagrafica al momento della pensione. La somma dei due risultati nel sistema misto dà origine alla pensione.

Ma a determinare l’importo esatto della pensione è anche il montante contributivo, cioè l’insieme dei contributi versati dal lavoratore nella gestione pensionistica di appartenenza. Questo è rivalutato nel tempo in base all’andamento del Pil medio quinquennale, generalmente inferiore al tasso di inflazione medio.

In previsione, per i lavoratori contributivi puri, il tasso di sostituzione a fronte di una carriera lavorativa regolare si aggira intorno al 60% dello stipendio medio. Sempre che vi sia alle spalle una carriera piena a ininterrotta. Diversamente si arriva a anche a tassi più bassi.

A differenza delle percentuali che in passato, nel sistema retributivo puro, arrivavano anche al 90-95%. Cioè la pensione era quasi uguale allo stipendio.

La pensione futura

Ma come fare a ottenere una pensione meno inferiore rispetto allo stipendio? A parte le simulazioni online che si possono fare comodamente da casa, la regola da tenere presente è che più si tarda l’uscita dal lavoro, maggiore sarà l’importo della pensione. Così le pensioni anticipate sono generalmente più basse rispetto a quelle di vecchiaia, anche se poi sta a ciascun lavoratore valutare se conviene uscire prima e prendere meno di rendita o restare al lavoro e ottenere di più al raggiungimento dei 67 anni di età.

Per questo si fa riferimento al coefficiente di trasformazione applicato al montante contributivo al momento della liquidazione della rendita. Valore che aumenta con l’età dell’assicurato e determina quindi l’importo della pensione. Ovviamente maggiore è il montante contributivo e più alta sarà anche la rendita liquidata.

Ultimo fattore che determina l’importo dell’assegno è il sistema di calcolo. Per chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 si applica il sistema di calcolo retributivo e contributivo (misto) della pensione. Cioè la rendita è quantificata in parte col sistema retributivo per i versamenti ante 1996 (più vantaggioso) e in parte col sistema contributivo per i periodi di copertura dal 1996 in avanti.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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