Noi italiani siamo un popolo di proprietari di case, anche se sfitte per la gran parte. Secondo i dati del censimento ISTAT 2021, combinati con lo studio IFEL (Istituto per la Finanza e l’Economia Locale), le abitazioni vuote sarebbero 9,7 milioni e pari al 27,3% dell’intero patrimonio abitativo nazionale. Numeri non molto distanti dagli 8,5 milioni svelati nel IV Rapporto di Federproprietà Censis. Di questi, 5,8 milioni sarebbero seconde case, 1,4 milioni non disporrebbero neppure di allacci alle utenze e 1,3 milioni non comparirebbero nelle dichiarazioni dei contribuenti.
Case sfitte e caro affitti
Il tema delle case sfitte è paradossale. Nelle grandi città, in particolare, si solleva quotidianamente il problema del caro affitti.
Eppure, non mancherebbero affatto le abitazioni a disposizione di intere famiglie o singoli lavoratori e studenti fuori sede. Molto più semplicemente, sul mercato delle locazioni non ci arrivano. Un esempio lampante è Milano, dove ormai in media un immobile viene affittato a più di 22 euro mensili al metro quadrato. In città, però, risulterebbero vuoti ben 100.000 appartamenti.
Immobili vecchi o abbandonati per lavoro
Come si spiega questo apparente paradosso? Non esiste una sola motivazione per tutte le realtà. Ad esempio, il record di case sfitte lo hanno città come Reggio Calabria e Messina con circa il 40% del totale. A seguire Palermo con il 32%, Catania con il 27% e Genova e Venezia con il 26%. Il fenomeno dell’emigrazione giocherebbe un ruolo determinante in queste realtà, ad eccezione probabilmente delle due città. I giovani si spostano al Nord o all’estero per lavorare e molti immobili rimangono vuoti.
C’è anche un fattore vetustà a rilevare. Il 56,3% delle abitazioni risulta costruito tra il 1961 e il 2000, mentre il 9,5% ha più di 100 anni.
Trattasi in molti casi, quindi, di immobili che necessitano di elevate spese di ristrutturazione per essere resi abitabili ed efficienti sotto il profilo energetico. Il gioco non vale sempre la candela e molti italiani preferiscono acquistare un immobile nuovo o di costruzione più recente o già ristrutturato, così da non caricarsi di oneri e lavori.
Affitti brevi falso problema
Ma l’origine di moltissime case sfitte si chiama “paura”. Di cosa? Di avere a che fare con inquilini morosi. Lo stato tutela eccessivamente i furbi e molto poco i proprietari. Un malinteso senso di protezione sociale ha fatto sì per diversi decenni che giurisprudenza e legislatore agissero nell’interesse dei primi e vedessero i secondi quasi come una categoria parassitaria e privilegiata da punire. Il risultato è che neppure l’alta tassazione sugli immobili incoraggia gli italiani ad affittare. Anziché rischiare di perdere la disponibilità di un’abitazione per anni senza cavare un ragno dal buco, molte famiglie si accontentano di pagare l’IMU e non mettere a reddito.
Il fenomeno delle case sfitte riguarda anche tutte le grandi province italiane: il 12,4% a Milano, il 14,8% a Roma, il 19,3 a Napoli e il 23,3% a Torino. Numeri che ridicolizzano le polemiche di questi anni attorno agli affitti brevi. I partiti di maggioranza e opposizione sembrano guardare in cagnesco quei proprietari che osano mettere sul mercato i loro immobili per affittarli ai turisti.
Sono considerati la causa della scarsa offerta sul mercato delle locazioni a lungo termine e del conseguente caro affitti. Il governo ha persino tentato di disincentivare il ricorso a questo business, caricandolo di incombenze burocratiche e tasse.
Case sfitte eredità di attacchi alle proprietà
La verità sembra un’altra: le case sfitte sono la logica conseguenza di decenni di attacchi ai diritti di proprietà. Possiamo anche immaginare che una parte di esse finisca sul mercato nero degli affitti, ma il problema resta intatto. Gli sfratti veloci di cui il Parlamento sta occupandosi può risolverlo alla radice dopo la legislazione in tal senso contro le occupazioni. Il riacquisto della fiducia in chi può mettere a disposizione uno o più immobili, è fondamentale per aumentare l’offerta e ridurre così i canoni degli inquilini. E può rilanciare il business delle ristrutturazioni dopo l’abbuffata dei bonus. Se mettere a reddito una seconda casa conviene, intere aree urbane potrebbero beneficiare di una riqualificazione del patrimonio immobiliare.
giuseppe.timpone@investireoggi.it