La casa rappresenta un bene fondamentale per molte famiglie, spesso frutto di enormi sacrifici e anni di lavoro. Su di essa si pagano diverse imposte, come IRPEF, IMU, TARI, e altre ancora.
Quando si arriva alla dichiarazione dei redditi o alla dichiarazione di successione, ci sono molti aspetti da considerare, ma le accortezze iniziano ben prima, già in fase di acquisto dell’immobile, soprattutto per chi è coniugato. È fondamentale prestare attenzione a:
- data di acquisto;
- modalità di acquisizione (acquisto o donazione);
- regime patrimoniale coniugale (comunione o separazione dei beni).
Vediamo ora alcuni dei casi più comuni che possono creare problemi a chi ha sottovalutato questi aspetti fondamentali.
Case in comunione dei beni tra 730 e successione: attenti alle trappole
Una coppia che acquista casa dopo il matrimonio può intestarla a entrambi o a uno solo dei due coniugi. Tuttavia, se il matrimonio è in comunione dei beni, questa distinzione diventa irrilevante.
Infatti, in regime di comunione dei beni, la casa acquistata dopo il matrimonio è automaticamente al 50% tra i coniugi, anche se risulta intestata a uno solo. Cosa significa tutto ciò? Che anche nelle dichiarazioni dei redditi, la casa deve essere indicata da entrambi, con una quota di possesso del 50% ciascuno.
Se, invece, l’immobile è stato acquistato prima del matrimonio, resta di proprietà esclusiva dell’intestatario, indipendentemente dal regime patrimoniale. Lo stesso principio vale nel caso di donazione ricevuta da uno solo dei due coniugi (es. dai genitori): salvo diversa indicazione espressa nell’atto, la proprietà è esclusiva del beneficiario.
In tali casi, nella dichiarazione dei redditi, l’immobile comparirà solo nel quadro fabbricati del proprietario con quota di possesso al 100%.
Chi ha omesso queste regole nel corso degli anni, potrebbe aver compilato erroneamente la dichiarazione dei redditi. Anche se l’imposta da versare spesso non cambia, l’errore può comportare sanzioni e interessi.
Ecco cosa succede alla morte di un intestatario della casa in regime di comunione dei beni
Il discorso si complica ulteriormente in caso di successione ereditaria. Come detto, una casa acquistata dopo il matrimonio in comunione dei beni è per metà di ciascun coniuge, anche se intestata solo a uno dei due.
Alla morte dell’intestatario, in successione va solo il 50% dell’immobile, perché l’altro 50% è già legalmente del coniuge superstite, anche se non risultava dalla visura catastale.
In assenza di testamento o disposizioni particolari, quel 50% va diviso tra gli eredi legittimi, incluso ovviamente il coniuge. Ad esempio, se il defunto lascia moglie e un figlio, il 50% di sua proprietà va per metà alla moglie e per metà al figlio. Alla fine, la moglie si troverà con il 75% della proprietà e il figlio con il 25%.
Occhi aperti per le dichiarazioni di successione: le case in comunione dei beni sono un’insidia
Particolare attenzione va prestata in un caso spesso trascurato: quello in cui muore il coniuge non intestatario della casa, ma la coppia era in comunione dei beni. Anche se la casa risultava intestata solo all’altro coniuge, il 50% apparteneva anche al defunto.
Questo significa che occorre comunque presentare la dichiarazione di successione, includendo il 50% dell’immobile. Molti sbagliano proprio su questo punto, omettendo la successione perché pensano che non ci siano beni da trasferire.
Ad esempio, una famiglia composta da due coniugi e un figlio, con casa acquistata dopo il matrimonio ma intestata solo a uno dei due, potrebbe non fare la successione alla morte del coniuge non intestatario, convinta che la casa sia già tutta dell’altro.
Errore gravissimo. Perché giuridicamente, il defunto era comproprietario al 50%, e la successione è obbligatoria. Il rischio maggiore emerge alla morte del secondo coniuge: a quel punto sarà necessario presentare due successioni (una per ciascun coniuge), e se dal decesso del primo sono passati più di 12 mesi, scatteranno sanzioni e interessi.