In Argentina il cambio si è rafforzato con la fine dei controlli sui capitali

Si temeva una maxi-svalutazione, mentre il cambio in Argentina si è rafforzato con la fine dei controlli sui movimenti dei capitali.
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2 settimane fa
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In Argentina il cambio si è rafforzato con la fine dei controlli sui capitali
In Argentina il cambio si è rafforzato con la fine dei controlli sui capitali © Licenza Creative Commons

Quando il 12 aprile scorso il presidente Javier Milei decretava la fine dei controlli sui movimenti dei capitali, in molti hanno temuto una ripresa dell’inflazione. Questa è scesa al 55,9% a marzo, ai minimi da 3 anni esatti. Tuttavia, i prezzi al consumo su base mensile hanno registrato un’accelerazione al 3,7% dal 2,4%. Un segnale negativo prima ancora che il tasso di cambio in Argentina venisse liberalizzato. Ora può muoversi nel range tra 1.000 e 1.400 pesos contro il dollaro. In futuro, tale banda sarà ampliata. Era una promessa elettorale di Milei ed è stata mantenuta a distanza di 16 mesi dal suo insediamento a Casa Rosada.

Cambio in Argentina tiene dopo fine del “cepo”

Prima dell’annuncio, il tasso di cambio ufficiale si attestava a 1.075 pesos contro il dollaro. Da quando Milei è presidente, esso era stato inizialmente svalutato del 54% e dopodiché al ritmo di poco oltre l’1% al mese.

Un modo per tenere sotto controllo l’inflazione, che effettivamente rappresenta uno dei maggiori successi del presidente “anarco-capitalista in questa prima parte del suo mandato. Tuttavia, il mantenimento del “cepo”, com’è noto in Argentina il controllo del cambio tramite i movimenti dei capitali, comportava un costo per la banca centrale, costretta a vendere le riserve valutarie per soddisfare la fame di dollari dei suoi cittadini.

Pesos più forti al mercato nero

Il fatto clamoroso è che le cose sono andate in modo molto diverso dal previsto. Dopo che il cambio in Argentina è stato liberalizzato, ci si aspettava che sarebbe salito a ridosso della soglia massima di 1.400 pesos contro il dollaro. Ciò avrebbe implicato una svalutazione del 23%.

Invece, ieri stava a 1.190, segnalando un indebolimento inferiore al 10%. Sul mercato nero il tasso di cambio si è, addirittura, rafforzato di oltre il 15%, scendendo da 1.375 pesos. Ed è svanita la differenza con il cambio ufficiale, visto che adesso gli argentini possono accedere alle valute straniere senza restrizioni e ai tassi che vogliono, fatti salvi i limiti sopra indicati.

Le imprese internazionali possono portare all’estero i profitti maturati nello stato sudamericano, mentre gli argentini possono comprare dollari senza limiti tramite le banche. Resta per il momento la limitazione dei 100 dollari al mese per gli acquisti effettuati in contante. La tenuta del cambio in Argentina è frutto della ritrovata fiducia nel governo. Milei ha sradicato in pochi mesi l’inflazione e azzerato il deficit dello stato, anche a costo di tagliare pesantemente la spesa pubblica, tra cui sussidi e investimenti. Se i soldi non ci sono, semplicemente non si possono spendere.

Nessuna corsa ai dollari, economia già in ripresa

Il Fondo Monetario Internazionale ha accordato all’Argentina altri 20 miliardi di dollari alla vigilia dell’annunciata liberalizzazione del cambio. I cittadini hanno così avuto la certezza che la banca centrale disponesse della valuta estera necessaria a soddisfare le richieste. Non sono corsi a comprare dollari, contrariamente alle previsioni. E ora il governo studia un’altra mossa. Il ministro dell’Economia, Luis Caputo, vuole permettere a chi detiene valuta straniera non dichiarata di spenderla senza dover rendere conto della provenienza.

Quand’anche si trattasse di attività illecite, lo stato non ficcherebbe il naso. Purché quelle somme entrino in circolo nell’economia domestica con investimenti in asset immobiliari o finanziari.

Lo scorso anno, un’amnistia portò all’emersione di 18 miliardi di liquidità sui conti bancari. Di questi, 4,4 miliardi hanno riguardato somme fino dichiarate fino a 100.000 dollari ed esentasse. Si stima che gli argentini posseggano oltre 271 miliardi di dollari all’infuori dell’economia formale. Si tratta di un importo superiore al 40% del Pil. La ripresa economica è iniziata già nel corso del 2024, ma adesso Milei vuole renderla strutturale con l’attecchimento della fiducia verso uno stato che lascia il cittadino libero di intraprendere, consumare, investire e lavorare. Sta aprendo agli investitori stranieri, tra l’altro nei settori minerari, al fine di attirare capitali e accelerare la crescita.

Cambio in Argentina segno di fiducia ritrovata

Moody’s stima che entro fine anno l’inflazione scenderà al 30% o forse meno. Fitch ha già alzato il rating sul debito pubblico da CC a CCC. Vedremo nelle prossime settimane quale sarà stato l’impatto sulle riserve valutarie del cambio libero in Argentina. Di certo nessuno si aspettava simili risultati in così breve tempo. Buenos Aires capitale del liberalismo economico dopo anni di peronismo senza speranza non l’aveva immaginata nessuno. La motosega di Milei sta funzionando. Da oggetto di derisione dei detrattori internazionali è diventata il simbolo di una ricetta efficace per uscire da decenni di devastanti parassitismo sociale e clientelismo politico.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

1 Comment

  1. Applausi e complimenti alla penna di Giuseppe Timpone, che in ogni suo articolo riesce ad informare con precisione e completezza, senza fare a meno di entusiasmante sagacità ed intelligente ironia.

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