Per capire lo stato confusionale in cui versa l’Europa basterebbe ascoltare le parole del presidente francese Emmanuel Macron, che ha avvertito ieri contro l’invasione in corso delle merci provenienti dalla Cina. Di questo passo, egli ha notato che sarà necessaria una reazione forte dell’Unione Europea. Nulla di anomalo, se non fosse che proprio l’inquilino dell’Eliseo era appena tornato da Pechino, dov’era stato in visita da Xi Jinping per stringere affari e cercare una sponda sull’Ucraina contro il piano di pace americano.
Invasione di merci dalla Cina grosso guaio per UE
Chissà cosa avrà pensato l'”imperatore” nel leggere queste dichiarazioni dai toni di sfida, quando poche settimane fa il governo olandese ha dovuto capitolare dinnanzi all’embargo cinese sui chip verso il Vecchio Continente.
E’ stato costretto ad un umiliante passo indietro su Nexperia per il timore che restassimo senza componenti vitali per la fabbricazione di numerosi prodotti, dalle auto ai pannelli solari, passando per farmaci e apparecchi medicali.
Le merci prodotte in Cina stanno invadendo sul serio l’UE e il resto del mondo. Tra gennaio e novembre le esportazioni nette del Dragone hanno superato per la prima volta nella storia i 1.000 miliardi di dollari in valore. Mai nessuno aveva toccato questo dato nel mondo. Hanno raggiunto per l’esattezza i 1.076 miliardi contro gli 887,42 miliardi dei primi undici mesi del 2024. Un balzo di oltre il 21% non omogeneo, tuttavia. Da quando l’amministrazione Trump ha annunciato la sfilza dei dazi all’inizio di aprile, le esportazioni cinesi negli Stati Uniti sono crollate di quasi il 40%.
In valore, poco meno di 90 miliardi.

Dirottamento in UE di metà del minore surplus con USA
Con l’UE le cose stanno andando diversamente. Tra aprile e settembre (non disponiamo di dati su ottobre e novembre), il bilancio è stato positivo per oltre 179 miliardi di euro, qualcosa come 22,5 miliardi in più su base annua. Nello stesso periodo, invece, è stato positivo per 74,6 miliardi di dollari con gli USA, ma in calo dai 124,39 miliardi di un anno prima. Dunque, tra aprile e settembre le esportazioni nette sono diminuite di 50 miliardi con la superpotenza, mentre sono aumentate di circa 25 miliardi (in dollari) con l’UE.
Nei dodici mesi all’ottobre scorso, il surplus commerciale cinese è stato di 310 miliardi con l’UE e 302 con gli USA. A novembre il Dragone ha registrato il terzo migliore surplus di sempre: 112 miliardi, superato solo dai 138,04 miliardi del gennaio 2025 e dai 114,36 del giugno scorso. Siamo giunti là dove temevamo: il dirottamento verso l’Europa delle merci dalla Cina e ormai invendute sul mercato americano. Bruxelles ha dinnanzi a sé due strade: imitare Washington nell’imporre dazi contro Pechino o accettare che la propria industria scompaia del tutto. Un’alleanza con gli USA di Trump in questa fase appare poco probabile, anche se sarebbe l’opzione più ragionevole per via della comunanza di interessi.
Europa paralizzata e senza idee
La paralisi delle istituzioni comunitarie è dettata anche dalla loro irrilevanza nello scacchiere geopolitico internazionale. Xi ha dimostrato con il caso Nexperia di poter minacciare credibilmente il Vecchio Continente, sprovvisto com’è di materie prime. Se a questo aggiungiamo che i governi europei restano divisi sul futuro, con una Germania che ancora continua a coltivare il sogno di attingere al mercato di sbocco della Cina per le sue merci, l’inazione è presto spiegata. Invece, lo yuan perde circa il 7% contro l’euro nell’ultimo anno e l’11% in tre anni, aggravando la perdita di competitività dell’industria europea.
Le dichiarazioni del presidente Donald Trump e di Elon Musk contro l’UE fanno scalpore da giorni, mentre il Dragone in silenzio e con il sorriso sta mettendo sotto scacco il nostro continente. A poco servirà la “tassa Shein“. L’invasione delle merci dalla Cina non si potrà fermare solo disincentivando le importazioni dei piccoli pacchi. E’ l’intera geopolitica europea che dovrà essere rivista e riadattata al nuovo ordine mondiale che avanza.
Merci da Cina non solo a basso costo
Il problema, per dirla alla Trump, è che non possediamo le carte per trattare con Pechino alla pari. Gli USA usano la tecnologia come un’arma per negoziare su dazi, materie prime e spartizione delle sfere di influenze nel pianeta. L’UE non ha un solo colosso tecnologico e neppure una politica della sicurezza autonoma con cui rendersi credibile al tavolo delle trattative. In un mondo in cui capacità politica e potenza sono tornate a contare, Bruxelles è rimasta ancorata alla tecnocrazia e a proclami bambineschi. La sua industria rischia di essere spazzata via dall’ingresso di merci non solo a basso costo, ma anche tecnologicamente avanzate importate dalla Cina.
Mentre altrove stanno sfruttando l’invenzione della nuova macchina a vapore per compiere quel salto tecnologico capace di proiettare l’economia mondiale verso i prossimi cento anni, in Europa discutiamo su come regolamentare le corse dei cavalli. Non è un caso se l’ex premier Mario Draghi ha invitato nei giorni scorsi l’UE ad adottare l’Intelligenza Artificiale su vasta scala per non esserne seppellita.
giuseppe.timpone@investireoggi.it