Tra le grandi vittime della manovra di bilancio 2026, segnata dal ritorno alle politiche di austerità, c’è la previdenza. E’ l’accusa che i sindacati (su tutti la Cgil) muovono alla manovra di bilancio 2026 (che attualmente si trova in discussione al Parlamento).
Il sindacato punta il dito contro l’aumento generalizzato dell’età pensionabile, che si verificherà dal 2027. Anche se la manovra spalmerà l’aumento (invece che 3 mesi dal 2027, l’incremento sarà di 1 mese nel 2027 e ulteriori 2 mesi dal 2028), si evidenzia che detto aumento colpirà quasi il 99% delle lavoratrici e dei lavoratori. Dunque, nel 2027 non più pensione di vecchiaia a 67 anni ma a 67 anni e 1 mese e nel 2028 a 67 anni e 3 mesi.
Pensioni, cancellate le anticipate
Il congelamento dell’aumento dell’età pensionabile resta solo per usuranti e gravosi. C’è poi l’azzeramento di ogni forma di flessibilità in uscita. La manovra di bilancio 2026 non proroga Quota 103 e nemmeno Opzione donna. Ciò che resta è l’Ape sociale.
Per il sindacato, questa scelta equivale a un vero e proprio “tradimento” delle promesse elettorali. L’impegno di superare la riforma Fornero, simbolo dell’austerità post-crisi, sembra essere stato abbandonato in favore di un ritorno alle regole più rigide del passato. Al contrario, la nuova manovra viene accusata di aggravare ulteriormente le condizioni di chi lavora, spostando in avanti l’orizzonte della pensione e riducendo al minimo le possibilità di anticipo.
L’effetto combinato su redditi e diritti
Le critiche dei sindacati si estendono oltre il tema strettamente previdenziale. Secondo la Cgil, le nuove misure incidono su tutti i fronti che riguardano il reddito dei lavoratori: il salario diretto, attraverso il potere d’acquisto eroso dall’inflazione e dall’assenza di aumenti adeguati; il salario indiretto o sociale, cioè i servizi e le tutele garantite dallo Stato; e infine le pensioni, considerate parte integrante del reddito differito dei cittadini.
In questa prospettiva, la manovra appare come un intervento che concentra i sacrifici su chi lavora, mentre concede benefici ad altre categorie. Vengono infatti confermate misure come la flat tax, i condoni fiscali e la rottamazione delle cartelle, in particolare con la nuova edizione denominata “rottamazione quinquies”. Scelte che, secondo i sindacati, favoriscono chi ha maggiori disponibilità economiche o chi non ha rispettato pienamente gli obblighi tributari.
Meno pensioni, ma più rischio evasione
Non solo lato pensioni: Un ulteriore punto di preoccupazione riguarda il possibile incremento dell’evasione fiscale e contributiva. Il sindacato sottolinea che le politiche di sanatoria e le riduzioni d’imposta per determinate categorie rischiano di lanciare un messaggio sbagliato: chi non paga, alla fine, viene premiato.
In un contesto già segnato da una ripresa dell’economia incerta e da forti disparità generazionali, il ritorno all’austerità rischia di accentuare la sfiducia dei cittadini verso il sistema. Se da un lato si chiede di lavorare più a lungo e si riducono gli strumenti di flessibilità, dall’altro si allentano i controlli sui comportamenti fiscali scorretti.
Una contraddizione che, secondo i sindacati, mina la coesione sociale e penalizza chi ha sempre contribuito regolarmente.
Pensioni, serve un segnale politico e sociale
Al di là dei numeri e delle misure tecniche, la questione delle pensioni assume un significato simbolico. Per molti lavoratori, l’innalzamento dell’età pensionabile e la fine delle uscite anticipate rappresentano non solo un aggravio economico, ma anche la perdita di una prospettiva di equilibrio tra vita e lavoro.
Il ritorno a politiche restrittive viene letto come un segnale di chiusura rispetto al dialogo sociale. Le organizzazioni sindacali chiedono una revisione profonda della manovra, sostenendo che la sostenibilità dei conti pubblici non può essere garantita solo a scapito di chi lavora. Una riforma previdenziale equa, secondo le loro posizioni, dovrebbe considerare le diverse condizioni professionali, le carriere discontinue e la disparità di genere, che ancora oggi penalizza fortemente le lavoratrici.
Riassumendo
- La manovra 2026 penalizza le pensioni con nuove misure di austerità.
- L’età pensionabile aumenta gradualmente fino a 67 anni e 3 mesi entro il 2028.
- Abolite Quota 103 e Opzione Donna, resta solo l’Ape Sociale per pochi casi.
- Sindacati accusano il governo di tradire le promesse di superamento della Legge Fornero.
- Critiche per condoni, flat tax e rottamazioni che favoriscono evasione e disuguaglianze.
- Rischio crescente di ingiustizia sociale e perdita di fiducia nel sistema previdenziale.