Quando vanno in pensione i commercianti? Come canta Marco Masini con il brano Principessa: “E domeniche e sogni sull’erba, ci sarà un lavoro e il caldo di una stanza, e ogni giorno almeno un piatto di sperata speranza”.
Il desiderio di stabilità e serenità tocca da vicino tutti quanti noi, compreso chi lavora nel commercio e si interroga sul proprio futuro.
Negli ultimi anni, d’altronde, le normative previdenziali sono cambiate più volte, creando incertezze e dubbi tra gli operatori del settore. Se tutto questo non bastasse potrebbero essere introdotte ulteriori novità in grado di cambiare per l’ennesima volta le carte in tavola.
Entriamo quindi nei dettagli per capire quando possono andare in pensione i commercianti con le regole attuali e cosa aspettarsi per gli anni a venire.
Quando vanno in pensione i commercianti con le nuove regole
Gli operatori del settore commercio hanno la possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia al raggiungimento dei 67 anni di età, a condizione di aver accumulato almeno 20 anni di contributi. Questo rappresenta il percorso ordinario per chi ha una carriera contributiva regolare e consente di ricevere l’assegno pensionistico secondo le regole del sistema retributivo, contributivo o misto. Quest’ultimo, ricordiamo, è applicabile a chi ha iniziato a lavorare prima del 1996, con quota retributiva per gli anni fino al 1995 e contributiva per gli anni successivi.
Per coloro che hanno iniziato la propria attività lavorativa dopo il 1995, inoltre, esiste una modalità specifica prevista dal regime contributivo puro. In questo caso, infatti, è sufficiente aver accumulato soli 5 anni di contributi per poter richiedere la pensione.
L’età minima per il pensionamento, però, sale a 71 anni. Tale opzione è pensata per chi ha intrapreso la carriera lavorativa più tardi e per chi vuole assicurarsi un trattamento calcolato interamente sui contributi effettivamente versati.
Pensionamento anticipato: chi esce prima dal mondo del lavoro?
Per chi desidera lasciare anticipatamente la propria attività commerciale la legge prevede la possibilità di accedere alla pensione anticipata al raggiungimento di requisiti contributivi più elevati rispetto a quelli della pensione di vecchiaia. In particolare per gli uomini è necessario aver versato 42 anni e 10 mesi di contributi, mentre per le donne il requisito scende a 41 anni e 10 mesi. Questi percorsi consentono di uscire dal mondo del lavoro senza dover attendere il limite anagrafico della pensione di vecchiaia, offrendo maggiore flessibilità a chi ha iniziato a lavorare molto presto o ha maturato un’elevata anzianità contributiva.
Ma non solo, fino alla fine del 2025 è ancora possibile beneficiare di Quota 103. Misura che consente di andare in pensione a partire dai 62 anni di età. Il tutto a patto di avere versato almeno 41 anni di contributi. Questa opzione è pensata per fornire un’alternativa più accessibile rispetto alla pensione anticipata ordinaria, consentendo di pianificare l’uscita dal lavoro senza dover accumulare ulteriori anni di contribuzione.
Indennizzo per la cessazione dell’attività
Oltre alle misure poc’anzi citate, è bene sapere che è possibile optare per l’indennizzo per la cessazione definitiva dell’attività commerciale.
L’importo è pari a quello della pensione minima e viene corrisposto fino al compimento dell’età pensionabile. È possibile farne richiesta al raggiungimento dei 62 anni per gli uomini o 57 anni per le donne. Ma non solo, come spiegato sul sito dell’Inps, al momento della cessazione dell’attività per cui è richiesto l’indennizzo è necessario che i soggetti interessati:
“risultino iscritti da almeno cinque anni nella Gestione speciale commercianti. La concessione dell’indennizzo non è compatibile con la pensione di vecchiaia ma è compatibile con gli altri trattamenti pensionistici diretti. La percezione dell’indennizzo è incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi attività di lavoro sia dipendente sia autonomo. Pertanto, se il soggetto riprende una qualsiasi attività lavorativa subordinata o autonoma, è tenuto a comunicarlo all’INPS entro 30 giorni; l’indennizzo cessa dal primo giorno del mese successivo alla ripresa dell’attività”.
Agevolazioni per i nuovi imprenditori iscritti nel 2025
Una delle principali novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2025 riguarda i commercianti che avviano una nuova attività nell’anno in corso. Per chi si iscrive per la prima volta alla Gestione Commercianti o Artigiani Inps, infatti, è prevista una riduzione del 50% dei contributi IVS per i primi 36 mesi di attività.
Si tratta di una misura pensata per sostenere l’imprenditoria e favorire l’apertura di nuove attività. La richiesta, come spiegato sul sito dell’istituto di previdenza:
“va presentata attraverso il “Portale delle Agevolazioni (ex DiResCo)” dal titolare del nucleo aziendale. È necessario dichiarare sotto la propria responsabilità il possesso dei requisiti. L’agevolazione ha un limite massimo di 300mila euro nell’arco di tre anni. L’INPS effettuerà verifiche sulla sussistenza dei requisiti e, in caso di irregolarità, procederà al recupero dei contributi dovuti con relative sanzioni”.
Pensione e aspettativa di vita: cosa potrebbe cambiare
Il 2025 non ha portato stravolgimenti radicali sulle regole di pensionamento dei commercianti, ma ha introdotto alcune novità interessanti, soprattutto per i giovani imprenditori. Le possibilità di scelta restano comunque strettamente legate alla propria situazione contributiva. In particolare chi ha iniziato a lavorare da giovane può usufruire della pensione anticipata grazie ai contributi accumulati più rapidamente.
Mentre chi si trova in difficoltà economiche può contare su alcuni indennizzi.
È fondamentale tenere presente che le regole attuali potrebbero non rimanere immutate nei prossimi anni. Diverse ipotesi sono allo studio del governo per la gestione dell’età pensionabile. Nel breve periodo, ad esempio, l’orientamento sembra essere quello di congelare il requisito anagrafico. Evitando così l’innalzamento automatico legato all’aumento dell’aspettativa di vita. Dato che in futuro potrebbe costringere molti lavoratori ad attendere il fino a 70 anni per accedere alla pensione. Una delle proposte più significative, inoltre, riguarda la possibilità di utilizzare il TFR come rendita integrativa. Ciò incrementerebbe l’importo dell’assegno pensionistico e garantirebbe una maggiore sostenibilità economica. E questo anche a chi rientra interamente nel sistema contributivo.
In questo modo l’uscita dal lavoro a 64 anni o tramite altre opzioni anticipate diventerebbe più sostenibile. Permettendo così ai lavoratori di programmare il futuro senza attendere la pensione di vecchiaia. Considerando le numerose ipotesi in ballo, pianificare l’uscita tenendo conto delle possibili variazioni normative è fondamentale per non ritrovarsi impreparati di fronte a eventuali riforme che potrebbero comportare un innalzamento dei requisiti contributivi o anagrafici.