L’INPS ha da tempo informato i contribuenti interessati del potenziale rischio di sospensione o revoca della propria prestazione. La comunicazione riguarda tutti i titolari di pensioni collegate al possesso di specifici requisiti reddituali, inclusi coloro che ricevono solo una parte della prestazione legata ai propri redditi o a quelli cumulati con il coniuge.
Si tratta di un vero e proprio campanello d’allarme, che oggi i sindacati hanno rilanciato pubblicamente, quasi come un promemoria per i più distratti. L’obiettivo è sollecitare gli interessati a intraprendere subito tutte le iniziative necessarie per evitare la sospensione o addirittura la revoca della pensione.
Pensioni: ecco chi rischia la sospensione o la revoca, l’allarme dei sindacati
Quello che l’INPS ha ribadito non è una novità, ma una puntuale spiegazione delle procedure che portano alla sospensione o revoca delle pensioni, o di prestazioni accessorie come:
- integrazione al trattamento minimo;
- assegno di invalidità;
- maggiorazione sociale;
- importo aggiuntivo;
- quattordicesima;
- assegno sociale.
Tutte misure strettamente legate al reddito dichiarato dai beneficiari.
Alla base dell’attuale situazione vi è la mancanza delle comunicazioni reddituali obbligatorie che ogni pensionato, percettore di tali prestazioni, deve fornire all’INPS. In particolare, il rischio di revoca o sospensione riguarda chi non ha trasmesso i redditi relativi agli anni 2020 e 2021, per i quali l’Istituto non ha ricevuto alcuna comunicazione.
I sindacati stanno ora chiedendo un intervento tempestivo da parte degli interessati, per evitare di incorrere nelle conseguenze annunciate.
Ecco come risolvere il problema con la domanda di ricostituzione reddituale
Sul portale pensionati.Cisl.it è disponibile un vademecum dettagliato con tutte le informazioni utili.
Secondo quanto riportato, tutti i pensionati che non hanno ancora comunicato all’INPS i propri redditi per il 2020 e il 2021 devono agire subito.
L’INPS ha infatti comunicato che le lettere informative sono state inviate entro la metà di luglio. E nella stessa comunicazione si legge chiaramente che la sospensione della prestazione scatterà per chi non adempirà entro il 19 settembre.
Per adempiere, è necessario presentare una domanda di ricostituzione della pensione per motivi reddituali. Solo così si potrà evitare la sospensione.
Come presentare la domanda: da soli o con l’aiuto di un patronato
La domanda può essere presentata in autonomia tramite SPID, CIE o CNS, oppure con il supporto di un patronato o del sindacato. All’interno della procedura, i pensionati dovranno inserire manualmente i propri redditi attraverso l’apposito form sul sito dell’INPS.
I redditi da inserire sono quelli relativi agli anni 2020 e 2021, che risultano mancanti e che stanno generando il rischio di revoca. Tuttavia, è altamente consigliato includere anche i redditi degli anni successivi, come 2022 e 2023, per prevenire nuove sospensioni nei prossimi anni qualora la dimenticanza si fosse protratta.
Le conseguenze in caso di mancato adempimento
Se non si procede all’adempimento entro la data indicata, scatterà immediatamente una trattenuta del 5% sull’importo della pensione mensile percepita. Ma non solo: se si oltrepassa la scadenza del 19 settembre senza aver regolarizzato la posizione, l’INPS procederà con la revoca della prestazione.