Nel 2024, durante le varie audizioni in Parlamento dell’INPS, e nei numerosi rapporti ufficiali prodotti dallo stesso Istituto, emerse un dato che fece molto discutere. Nonostante l’età pensionabile in Italia sia tra le più alte in Europa – spesso superiore a quella di molti altri Paesi membri dell’UE – l’età media effettiva di uscita dal lavoro risultava sorprendentemente più bassa.
Immediatamente si puntò il dito contro i molteplici canali di uscita anticipata, tra cui la più discussa e controversa misura varata negli ultimi dieci anni: Quota 100. Una misura fortemente criticata per il suo costo elevato a carico delle finanze pubbliche.
Oggi, però, arriva una notizia che va nella direzione opposta: stop alle pensioni anticipate. È quanto afferma l’INPS, facendo riferimento a un netto calo delle richieste di pensionamento anticipato da parte dei contribuenti.
Stop alle pensioni anticipate: L’INPS lo conferma, ecco perché
Con un calo superiore al 17% rispetto al primo semestre del 2024, le pensioni anticipate risultano in netto calo nei primi sei mesi del 2025. Lo conferma l’INPS, confrontando i dati delle pensioni anticipate con quelle di vecchiaia nello stesso periodo dei due anni.
In sostanza, sempre meno italiani scelgono di andare in pensione anticipata, e questo fenomeno apre a molte riflessioni sulla direzione che ha preso il nostro sistema previdenziale, soprattutto dopo la fine dell’esperienza di Quota 100, accusata da molti di essere una misura eccessivamente onerosa.
Nel nuovo rapporto INPS sul monitoraggio dei flussi di pensionamento nel primo semestre 2025, si evidenzia un calo di ben 20.194 domande di pensione anticipata rispetto allo stesso periodo del 2024. Si tratta di pensioni effettivamente liquidate, ovvero domande accolte e pensioni già in erogazione.
Nel periodo gennaio-giugno 2024, furono 118.550 i contribuenti che andarono in pensione anticipata. Nello stesso periodo del 2025, il numero è sceso a 98.356.
Calo drastico dei pensionamenti, ecco le cause
A cosa si deve questo drastico calo dei pensionamenti anticipati? Molti analisti attribuiscono il fenomeno al giro di vite imposto alle diverse misure di pensionamento anticipato che fanno parte del nostro sistema.
Basta guardare all’evoluzione delle norme, a partire da Quota 100 fino all’attuale Quota 103.
Quota 100 fu una misura di pensionamento anticipato pienamente accessibile, senza penalizzazioni né vincoli particolari. Bastava aver compiuto 62 anni di età e maturato 38 anni di contributi. Nessuna riduzione dell’assegno, a eccezione delle naturali conseguenze derivanti dall’interruzione dei versamenti e dell’applicazione di coefficienti di trasformazione meno favorevoli per chi esce prima dei 67 anni.
I numeri dicono sempre la verità: lo stop alle pensioni anticipate registrato nel 2025
Dopo Quota 100, nel 2022 fu introdotta Quota 102, anch’essa senza penalizzazioni, ma con età minima elevata a 64 anni. Poi, nel 2023, fu la volta di Quota 103, ancora oggi in vigore.
È proprio su Quota 103 che si sono concentrati i maggiori cambiamenti, rendendola meno appetibile rispetto alle precedenti. Inizialmente (nel 2023), i requisiti erano 62 anni di età e 41 anni di contributi, con regole di calcolo simili a quelle delle precedenti quote.
Nel 2024, però, la misura si modifica radicalmente:
- Calcolo interamente contributivo;
- Tetto massimo di pensione fruibile pari a 5 volte il trattamento minimo INPS (nel 2023);
- Limite sceso a 4 volte il trattamento minimo nel 2024 e nel 2025.
Queste modifiche, unite al nuovo calcolo penalizzante, hanno reso la misura decisamente meno attrattiva, contribuendo al calo delle domande.
I dati dell’INPS, le limitazioni e i vincoli
Secondo i dati ufficiali INPS, nel primo semestre 2025 si sono liquidate 397.691 pensioni, così suddivise:
- 117.901 pensioni di vecchiaia;
- 98.356 pensioni anticipate;
- 23.996 pensioni di invalidità;
- 106.693 pensioni di reversibilità o indirette;
- Le restanti riguardano fondi speciali e altre gestioni INPS.
Questi numeri suggeriscono che, se l’obiettivo era quello di alzare l’età media di uscita dal lavoro, probabilmente si sta andando in quella direzione. Le misure sono diventate sempre meno appetibili, anche a causa di restrizioni simili a quelle applicate a Opzione Donna.
Quest’ultima, infatti, ha subito un netto calo delle richieste negli ultimi anni a causa della riduzione della platea dei beneficiari e delle consuete penalizzazioni legate al calcolo contributivo.
Nel 2025, Opzione Donna è limitata a caregiver, donne invalide, licenziate o coinvolte in crisi aziendali, con solo 1.134 pensioni liquidate nei primi sei mesi dell’anno.