Sono ore difficilissime per il governo francese. Oggi, il primo ministro François Bayrou presenterà le misure per il bilancio del 2026, che conterranno risparmi di spesa attesi nell’ordine di 40 miliardi di euro. Ma la sua sembra una finanziaria orfana. Uno dei suoi ministri, che ha voluto rimanere anonimo, ha dichiarato alla stampa che sarebbe come “scalare l’Himalaya in inverno controvento e in pantaloncini”. Piovono già critiche da destra e da sinistra. Nessuno vuole assumersi la responsabilità di una legge di bilancio impopolare. Nel 2026 ci saranno le elezioni amministrative e nel 2027 le presidenziali. Votare a favore dell’austerità può decretare la propria fine politica.
Conti pubblici allo sbando
La situazione dei conti pubblici francesi è drammatica. Il deficit è stato del 5,8% rispetto al Pil nel 2024 e per quest’anno scenderebbe solo al 5,4%. Bayrou punta al 4,6% nel 2026, come da accordo con l’Unione Europea. Ha rinviato al 2029 la discesa sotto il 3%, mentre l’Italia già centrerebbe l’obiettivo tra quest’anno e il prossimo. Anche Parigi come Roma si trova sotto procedura d’infrazione per deficit eccessivo.
I risparmi di spesa sono più che necessari. Stando alle anticipazioni, verrebbero “congelate” uscite come i sussidi di disoccupazione, mentre le detrazioni fiscali sarebbero ridotte e sulle pensioni le imposte aumenterebbero. Un’altra ipotesi consisterebbe nel tenere invariata l’intera spesa pubblica rispetto ai livelli di quest’anno, non adeguandola all’inflazione attesa all’1,6% nel 2026. Tutto è reso più difficile dall’annuncio del presidente Emmanuel Macron che la spesa militare aumenterà di 6,5 miliardi in due anni.
Governo senza maggioranza
Se già trovare 40 miliardi di risparmi di spesa appare un’operazione complicata, lo è ancora di più per un governo senza maggioranza in Parlamento. Come già accaduto quest’anno, Bayrou ha la possibilità di dribblare il voto dell’Assemblea Nazionale. Glielo consente l’art.
49.3 della Costituzione. Tuttavia, ciò consente ai deputati di presentare una mozione di censura. Una è stata respinta poche settimane fa. Era stata presentata niente di meno che dai socialisti, il partito più dialogante a sinistra e con propri esponenti nell’esecutivo, dopo il fallito negoziato sulla revisione della riforma delle pensioni.
Il governo si è salvato grazie all’astensione del Rassemblement National di Marine Le Pen. Tuttavia, il partito ha fatto presente che non sarà altrettanto benevolo quando si tratterà di votare per il bilancio. Chiede che i risparmi di spesa riguardino i sussidi agli immigrati e che i contributi francesi all’UE vengano ridotti. I socialisti reclamano un maggiore incremento delle imposte a carico dei redditi alti rispetto agli 1,5 miliardi preventivati con il bilancio prossimo. Sul piede di guerra La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, da sempre ostile al governo.
Senza risparmi di spesa Oat a rischio
Nel frattempo, i mercati già considerano la Francia un debitore meno affidabile di quanto non lascino intendere i rating. I rendimenti francesi quinquennali sono saliti sopra i livelli italiani e lo spread BTp-Oat a 10 anni è sceso sotto 20 punti, ai minimi dal 2010.
Il trentennale transalpino è salito, invece, ai massimi dal 2011. Già quest’anno lo stato spenderà 67 miliardi in interessi su un debito esploso a 3.300 miliardi, una voce di bilancio destinata a salire, richiedendo maggiori sforzi al governo per abbassare il deficit. Da quando Macron è presidente, lo stock è lievitato di 1.000 miliardi, qualcosa come il 15% rispetto al Pil.
Se Bayrou fosse sfiduciato, Macron si troverebbe a scegliere il quinto primo ministro in appena un anno e mezzo. Potrebbe sciogliere ancora una volta l’Assemblea Nazionale, ma rischiando di ritrovarsi il Rassemblement National maggioranza assoluta. A Le Pen è impedito di candidarsi come presidente per via di una condanna recente. Al suo posto ci sarebbe Jordan Bardella, che però ha solo 29 anni. Macron non tocca più palla sui temi di politica interna, costretto a rifugiarsi nella politica estera per ritagliarsi un ruolo da qui alla fine del mandato. Una situazione caotica che non sfugge agli investitori e alle stesse agenzie di rating. E da questa sera può andare peggio.
giuseppe.timpone@investireoggi.it



