Regna la confusione sotto il cielo di Londra. I mercati non capiscono più quale politica fiscale stia conducendo il governo laburista di Keir Starmer, reduce da una figura barbina alla Camera dei Comuni. Avrebbe voluto tagliare l’assistenza a lavoratori in malattia e disabili per risparmiare 5,5 miliardi di sterline all’anno. E’ finito per annacquare la proposta di legge per sottrarla alla bocciatura molto probabile della sua stessa maggioranza. In conclusione, zero risparmi e una fronda interna al Labour di una cinquantina di deputati. La leadership del primo ministro è più che mai debole e per questo urgono soluzioni come una possibile patrimoniale.
Patrimoniale proposta da ex leader laburista
Sì, perché a sinistra quando si vuole tornare all’unità dopo una litigata non c’è di meglio che inventarsi nuove seducenti “tasse sui ricchi”. E’ la proposta di Lord Neil Kinnock, leader laburista tra il 1983 e il 1992. Il politico ha invitato Starmer ad essere “coraggioso” con l’imposizione di un’aliquota del 2% sui patrimoni sopra 10 milioni di sterline. La misura porterebbe 11 miliardi all’anno nelle casse dello stato, il doppio dei mancati risparmi che si sarebbero ottenuti con i tagli allo stato sociale.
La patrimoniale lusinga il correntone di sinistra capeggiato tra gli altri dall’ex segretario Jeremy Corbyn. Peccato che Kinnock si sia dimenticato di aggiungere di avere guidato il partito negli anni più bui per il suo consenso. Solo quando a prenderne le redini fu il giovane Tony Blair la musica cambiò e arrivarono ben tre successi elettorali consecutivi. Il problema per Starmer è che non potrà ignorare l’ala sinistra dei laburisti, che ha messo nel mirino il cancelliere Rachel Reeves, l’omologo del nostro ministro delle Finanze.
Reeves nel mirino dell’ala sinistra
Proprio Reeves è accusata di avere mal gestito l’affaire dei tagli. La donna ha anche preso in considerazione l’ipotesi di addolcire la stangata a carico dei “non-doms“, i residenti stranieri. I vantaggi fiscali goduti per secoli sono stati terminati e in più tali contribuenti da quest’anno sono sottoposti all’imposta di successione con aliquota del 40%. Da cui la fuga di milionari e miliardari da Londra con annessa perdita di gettito fiscale e contraccolpo all’appetibilità storica del Regno Unito come patria dei benestanti.
I laburisti, tornati da un anno al governo dopo un’opposizione lunga 14 anni, vogliono togliersi lo stigma di partito delle tasse. D’altro canto, hanno la necessità di tappare i buchi di bilancio e finanziare le misure di spesa promesse agli elettori. Le tasse sui ricchi sarebbero una risposta alla crisi del consenso che sta travolgendo il partito praticamente fin dall’insediamento dell’estate scorsa. La patrimoniale proposta da Kinnock smonterebbe in un solo colpo l’immagine rassicurante che Starmer ha cercato di trasmettere ai mercati in questo lungo e disastroso anno sul piano politico.
Investitori in fuga da Londra
Le alternative sembrano mancare. Non può rimuovere Reeves per non indisporre gli investitori, che hanno inviato segnali di nervosismo nei giorni scorsi su sterlina e Gilt.
Deve recuperare l’opposizione interna per non finire azzoppato da qui al termine della legislatura. La patrimoniale salverebbe in apparenza capre e cavoli: più gettito fiscale, mercati rassicuranti sulla tenuta dei conti pubblici e partito unito. Il dazio da pagare sarebbe la perdita definitiva della classe media, che già non aveva votato per il Labour un anno fa, il cui trionfo elettorale fu dovuto alle divisioni della destra tra Tory del premier uscente Rushi Sunak e Reform UK di Nigel Farage.
L’1% dei contribuenti più ricchi già porta nelle casse dello stato britannico un terzo delle entrate fiscali. Secondo Kinnock, sarebbe la dimostrazione che lo stato si finanzi proprio stangando i ricchi di tasse e non che siano già fin troppo stangati. Per quanto la patrimoniale riguarderebbe una sparuta minoranza di elettori e contribuenti, il governo di Sua Maestà lancerebbe un segnale ben preciso a tutti: siamo tornati ad essere il partito del “tassa e spendi” come prima di Blair. Gli investitori se la darebbero ancora di più a gambe, mentre per la destra si aprirebbe un’autostrada di consensi da cavalcare.
giuseppe.timpone@investireoggi.it