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Oggi: 05 Dic, 2025

Riforma del diritto di cittadinanza, perché l’aria è cambiata in tutto l’Occidente

Il diritto alla cittadinanza in tempi brevi è stato respinto anche al recente referendum tra un'ampia fetta di elettori della stessa sinistra.
5 mesi fa
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Riforma cittadinanza, non è aria
Riforma cittadinanza, non è aria © Licenza Creative Commons

Se dopo la scoppola rimediata al referendum di giugno siamo ancora a parlare di accorciare i tempi per ottenere la cittadinanza, i politici non si lamentino se poi i cittadini non si rechino più ai seggi. E se il dibattito viene riaperto da un partito della maggioranza di centro-destra, pur in modo strumentale e per regolare i conti con l’alleato leghista, ancora peggio. Nel fine settimana è trapelato che Marina Berlusconi avrebbe “dubbi” sulla proposta del leader di Forza Italia, Antonio Tajani. Anziché parlare di “ius scholae”, la figlia dell’ex premier vorrebbe che il partito che finanzia insieme al fratello Pier Silvio si occupasse dei temi che stanno a cuore all’elettorato azzurro: tasse, libertà del mercato, giustizia, ecc.

Insomma, temi che i voti li facciano prendere, non perdere.

Tutto Occidente in altra fase storica

Qualcuno eccepirà che una battaglia, se giusta, la si porti avanti anche se impopolare. Ha perfettamente ragione. Il punto è che la battaglia per la cittadinanza in tempi brevi non è né popolare, né necessariamente giusta. Il tema coinvolge tutto l’Occidente. Negli Stati Uniti il presidente Donald Trump vuole eliminare lo storico “ius soli”, che per secoli ha consentito ai nati sul territorio nazionale di diventare automaticamente cittadini americani. Quel diritto rispondeva all’esigenza di incrementare in tempi veloci la popolazione residente, essendo notoriamente gli Stati Uniti una nazione giovane e finanche disabitata in ampie parti fino a pochi decenni fa.

Siamo entrati in un’altra era storica. I partiti di destra e di sinistra dovrebbero capirlo, anziché ostinarsi ad imporre le loro visioni ideologiche. L’Europa è ormai in pieno declino demografico.

Direte che proprio per questo serva riformare il diritto di cittadinanza in senso espansivo. Ma questa operazione avrebbe il senso di una sostituzione etnica, mentre mai nella storia un popolo ha legiferato per autoeliminarsi. Perlomeno, non consapevolmente. Soprattutto, l’Europa ha bisogno di attirare immigrati selezionati sotto il profilo socio-economico, così da far entrare quelli ad alto potenziale.

Ingressi selettivi

Credere che “ci pagheranno le pensioni” coloro che sbarcano sulle coste siciliane, spesso senza alcuna istruzione e mossi solo dalla disperazione, sarebbe come ipotizzare che aprendo le porte dell’università a chi non sa leggere e scrivere sforneremo ottimi ingegneri. La cittadinanza deve essere un percorso vissuto, sentito e voluto di chi intende diventare europeo anche sulla carta dopo avere contribuito materialmente e positivamente alla nostra società. Servono stranieri istruiti, che sappiano integrarsi e al contempo generare ricchezza. Se guardate ai dati sul Pil, invece, noterete che in Italia gli extra-comunitari apportino una ricchezza pari grosso modo alla loro percentuale. Dunque, non stanno potenziando il nostro benessere. Anzi, in moltissimi casi le entrate fiscali e contributive risultano inferiori ai servizi goduti.

Per essere molto più espliciti, se spalanchiamo le frontiere ai disperati, naturale che avranno bisogno di servizi e sussidi e che contribuiranno in tasse e contributi per meno di quanto prendano.

Andando avanti su questa strada, il default sarebbe solo assicurato. La questione rileva anche all’estero. In Germania, si parla da anni di turismo del welfare: molti cittadini extra-comunitari usufruiscono di sussidi statali senza a volte avere lavorato anche un solo giorno. Il Regno Unito se ne uscì dall’Unione Europea proprio per questo; i suoi cittadini erano stanchi degli immigrati dell’Est, che sin dal primo giorno potevano reclamare diritti senza avere mai prima contribuito alla fiscalità generale.

Cittadinanza breve bocciata anche a sinistra

La cittadinanza breve è stata bocciata persino da un quarto di coloro che sono andati a votare ai referendum di giugno. Dai calcoli emerge che 3 milioni di elettori, presumibilmente di centro-sinistra, si sono opposti alla proposta dei loro leader di partito e dei sindacati. E’ la dimostrazione che l’ideologia accechi spesso la vista di chi fa politica. Non sta scritto da nessuna parte che gli anni per diventare italiani debbano essere 5 o 10. Il punto è un altro: invieremo al resto del mondo il messaggio che un’economia stagnante da 30 anni e con nascite ai minimi storici voglia fare entrare chiunque. Il Bengodi sulla Terra. Ci serve il contrario, ossia fare entrare chi ha capitali, voglia investirli e scommettere sull’Italia creando occasioni per sé e i residenti. Qualcuno lo definirà classismo, altri semplice spirito di sopravvivenza.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

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