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Oggi: 05 Dic, 2025

Mentre il governo prende tempo sulle concessioni balneari, la concorrenza si è già fatta con i piedi

Svolta sulle concessioni balneari. Il governo trova l'accordo con l'Unione Europea. Nel frattempo, i bagnanti hanno fatto da sé.
1 anno fa
2 minuti di lettura
Concessioni balneari in gara dal 2024

Pace fatta tra governo Meloni e Unione Europea sulle concessioni balneari. Dopo anni di tensioni tra Roma e Bruxelles, dinnanzi alla minaccia di sanzioni da parte della seconda, è arrivato l’accordo. Serve all’esecutivo per non creare motivi di dissenso politico alla vigilia della nomina di Raffaele Fitto a commissario per Economia e Pnrr con vicepresidenza esecutiva. Di cosa parliamo? Nel 2006 venne emanata la direttiva Bolkestein, che in sostanza liberalizzò il mercato dei servizi nell’Unione Europea. Essa prevede, per grandi linee, l’apertura dei mercati nazionali al resto dell’area per accrescere la concorrenza e migliorare così la qualità, a beneficio anche dei prezzi per l’utente.

Obbligo di gara per concessioni balneari

Da anni le concessioni balneari erano finite nel mirino della Commissione. In Italia, sono concesse senza alcun obbligo di gara. In pratica, i titolari rimangono in possesso del permesso di fare impresa su un bene demaniale senza doverlo rinnovare periodicamente e non consentendo così l’ingresso di nuovi soggetti. Un mercato chiuso e in aperto contrasto con i contenuti della direttiva Bolkestein.

Dal canto suo, il governo Meloni eccepiva che le concessioni balneari non violerebbero la direttiva comunitaria in quanto il bene in oggetto – le spiagge – non sarebbe “scarso”. I due terzi delle spiagge, infatti, risulterebbero aree libere. Tralasciamo le modalità di calcolo, che includono anche le aree non balneabili. Il punto è che la Commissione ha messo l’Italia spalle al muro: o accettate il sistema delle gare, come sancito dalla Corte di Giustizia UE, o vi sanzioniamo.

Termini dell’accordo Italia-UE

In teoria, già dall’inizio di quest’anno le concessioni balneari risultano scadute.

Alla fine, l’accordo trovato consiste nell’accettare l’indizione di bandi per rimetterle a gara, ma solamente tra tre anni. Inoltre, i titolari uscenti avranno diritto agli indennizzi per i beni non ammortizzati e che saranno pagati dai nuovi titolari vincitori del bando. Su questa seconda parte non esiste ancora piena intesa con Bruxelles. Nei fatti essa limiterebbe la concorrenza. I futuri vincitori delle gare dovrebbero non solo versare allo stato l’importo dovuto per ottenere l’assegnazione, ma anche una somma ai predecessori. E nelle aree ad alta intensità turistica, dove gli investimenti possono essere ingenti, non sarebbero verosimilmente bruscolini.

Infine, per evitare che attuali e nuovi titolari sotto-investano, è stato previsto un periodo fino a venti anni per le nuove concessioni balneari. In attesa che la concorrenza diventi un atto formale, gli italiani (e gli stessi stranieri) si stanno arrangiando per conto loro. Il primo presidente della Repubblica, nonché stimatissimo economista Luigi Einaudi, diceva che “si vota con i piedi”. L’espressione si riferiva proprio alla capacità dei consumatori di scegliere l’offerente più conveniente muovendosi fisicamente, cioè facendo il giro dei negozi. Non erano ancora i tempi dello shopping online, ma il concetto resta inossidabile.

Turismo in frenata nelle spiagge

Questa estate è stata quella della frenata del turismo in località insospettabili. A Gallipoli, nel Salento (Puglia), a luglio le categorie parlavano di crollo delle presenze fino all’80%. Causa? I prezzi pazzi. Non disponiamo ancora dei dati relativi all’intera stagione, ma parrebbe di capire che il calo ci sia stato a luglio e agosto un po’ ovunque, con punte del 20% a Napoli. Un po’ le temperature eccessive hanno tenuto alla larga, soprattutto, i turisti stranieri; un po’ sono stati sempre gli alti prezzi a far desistere per la prima volta dopo anni il popolo dei vacanzieri.

E a risentirne sono stati particolarmente i lidi, con ombrelloni rimasti chiusi e file semi-vuote.

Concessioni balneari a circuito chiuso, segni di crisi

Il circuito chiuso delle concessioni balneari ha creato un mercato poco concorrenziale con riflessi a volte negativi sul rapporto qualità-prezzi dei servizi offerti. Molti titolari hanno pensato sinora di poter incrementare i prezzi senza alcun limite, beneficiando sempre e comunque della domanda in forte crescita per via del boom del turismo. Questa estate hanno scoperto che le leggi del mercato valgono anche per loro. Molti bagnanti hanno preferito farsi una nuotata al largo, pur di non sostenere tariffe ritenute eccessive. La domanda ha mostrato segni di affaticamento per la prima volta dopo la pandemia. E questo sarà persino salutare per il comparto, d’ora in poi costretto a rivedere una politica dei prezzi a tratti fuori controllo. La concorrenza si fa già a valle, in attesa che il legislatore la renda possibile anche a monte.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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