L’obiettivo resta di tendere all’utilizzo di un’unica moneta entro il 2030, anche se i precedenti invitano alla prudenza. Lo Zimbabwe del presidente Emmerson Mnangagwa punta esplicitamente alla dedollarizzazione e crede che questa volta possa farcela. Da mesi il cambio dello ZiG (Zimbabwe Gold) è abbastanza stabile sul mercato valutario e ciò ha permesso all’inflazione di scendere vistosamente nel mese di ottobre al 32,7% annuale dall’82,7% di settembre. Su base mensile i prezzi al consumo sono diminuiti dello 0,4% e la Reserve Bank fa notare che il dato medio da febbraio si è stabilizzato allo 0,4%.
Dedollarizzazione con accumulo di oro
Lo ZiG fu introdotto nell’aprile del 2024 e funzionicchia grazie all’accumulo di riserve auree che lo sostengono.
Queste sono salite a 3,4 tonnellate al 30 giugno scorso, un dato che si confronta con le 1,6 tonnellate di un anno prima. Ad alimentarle ci sono le rimesse degli emigranti, che nel 2024 sono quasi triplicate a 2,58 miliardi di dollari, incidendo per poco meno del 6% del Pil. Le riserve valutarie stanno sfiorando il miliardo di dollari e anch’esse garantiscono la nuova moneta domestica.
Pagamenti perlopiù in dollari USA
I dati non dovrebbero trarre in inganno, però. Le transazioni in ZiG riguardano appena il 15% dell’economia formale, che a sua volta vale meno del 25% dell’economia complessiva. Ancora oggi la stragrande maggioranza dei pagamenti avviene attraverso l’uso dei dollari e in subordine di euro, sterline, rand, ecc. L’inflazione si starebbe stabilizzando grazie alla crescente adozione del dollaro dopo che il governo ne ha liberalizzato i pagamenti. Essa è attesa in calo sotto la doppia cifra già a gennaio.
L’ennesimo tentativo di dedollarizzazione, tuttavia, minaccia questo trend positivo. E non è un caso che lo ZANU-PF al governo stia evitando di imporre lo ZiG come unica moneta per gli scambi entro tempi brevi. La storia non depone a favore di una simile scelta. Solamente negli ultimi sei anni i prezzi sono esplosi del 532%, pari a una crescita annua del 36%. E il boom si ebbe proprio nel 2019-2020, quando il governo impose l’uso di una nuova moneta sovrana dopo un decennio senza emissioni e all’insegna della libera adozione di valute straniere.
Dall’iperinflazione allo ZiG
Per capire come lo Zimbabwe sia arrivato a dollarizzare la propria economia, bisogna tornare indietro all’infausto periodo del 2008-’09. L’allora presidente Robert Mugabe, al potere dal 1980 fino al 2017, aveva proceduto all’esproprio delle terre alla minoranza bianca per distribuirle alla popolazione nera. I raccolti collassarono, i prezzi esplosero e arrivò l’iperinflazione. La Reserve Bank finì con l’emettere banconote da 100.000 miliardi di dollari locali. Valevano appena 30 centesimi di euro. Una follia cessata rinunciando alla sovranità monetaria e affidandosi principalmente al dollaro americano per i pagamenti interni e con l’estero.
La dedollarizzazione è vista molto negativamente dalla popolazione. Memore di quanto accaduto non molti anni fa, essa teme che i pagamenti sarebbero regolati in una moneta incline al deprezzamento.
Per questo non si fidano e accettano mal volentieri e a sconto qualsiasi moneta domestica loro propinata in questi anni. Per un dollaro USA servono poco più di 26 ZiG al cambio ufficiale, ma al mercato nero si arriva a 32. Rispetto all’ultimo tentativo di sei anni fa, tuttavia, le cose stanno andando un po’ meglio. Se allora l’inflazione schizzò fino a ridosso dell’800% annuo, questa volta non è arrivata al 100%.
Dedollarizzazione piano rischioso
Come detto, però, sarebbe stata proprio la liberalizzazione dei pagamenti ad avere fatto attecchire un po’ di fiducia tra i cittadini. La dedollarizzazione imposta non funzionerebbe neanche oggi, né nei prossimi anni. Le istituzioni nello Zimbabwe non riscuotono il consenso sufficiente per avallare un simile progetto. Tra l’altro, lo ZiG si sta stabilizzando anche grazie alle esportazioni di oro e altri minerali, che in questa fase si stanno apprezzando e lasciano così affluire più valuta estera che in passato. Non è detto che duri.
giuseppe.timpone@investireoggi.it
