Dopo lo scontro tra maggioranza e opposizione — insieme ai sindacati — sul taglio dell’IRPEF, considerato da alcuni favorevole ai ceti più abbienti, dalla sinistra arriva ora la proposta di un azzeramento dell’imposta fino a 15.000 euro di reddito. Negli emendamenti alla manovra di Bilancio, infatti, le opposizioni sembrano intenzionate a puntare su questa soluzione, di fatto ampliando la no tax area, oggi ferma a 8.500 euro.
A dire il vero, tra le oltre 1.500 proposte correttive depositate in Parlamento, il Movimento 5 Stelle spinge addirittura per una no tax area da 20.000 euro. Vediamo quindi cosa accadrebbe se proposte di questo tipo venissero approvate, quale sarebbe l’impatto per i contribuenti e quali criticità potrebbero emergere, evitando di cadere in misure popolari ma difficilmente sostenibili.
Zero IRPEF fino a 15.000 euro anche per chi ha redditi fino a 60.000 euro, ecco la novità
Oggi la no tax area è fissata a 8.500 euro: entro questa soglia il contribuente non versa IRPEF perché le detrazioni da lavoro o da pensione azzerano l’imposta dovuta. Chi guadagna di più, invece, paga l’IRPEF solo sulla parte eccedente.
Aumentare tale soglia produce benefici evidenti e immediati. Secondo le anticipazioni, l’emendamento delle opposizioni fisserebbe la no tax area a 15.000 euro, ma solo per chi ha un reddito fino a 60.000 euro annui.
Dalle indiscrezioni, la misura:
- varrebbe solo per il triennio 2026-2028
- escluderebbe i lavoratori autonomi
- porterebbe a zero IRPEF fino a 15.000 euro, mentre chi guadagna fino a 60.000 euro pagherebbe l’imposta solo sulla parte eccedente i 60.000 euro
Un intervento molto ampio, ma con conseguenze che meritano attenzione.
Gli incapienti rischiano di non poter scaricare più nulla dal reddito
Dal punto di vista fiscale, l’estensione della no tax area riduce l’imposta e genera un vantaggio immediato, anche se comporta un costo significativo per lo Stato.
I promotori ritengono tuttavia di poterlo coprire tramite recupero dell’evasione e taglio dei sussidi dannosi per l’ambiente.
Il vero problema riguarda però l’aumento degli incapienti, cioè quei contribuenti che non hanno IRPEF da pagare e che, di conseguenza, non possono più sfruttare le detrazioni fiscali.
Chi diventa incapiente:
- non recupera più spese mediche
- non recupera spese funebri
- non recupera interessi sul mutuo
- non recupera spese scolastiche
- e, soprattutto, rischia di perdere il recupero delle detrazioni edilizie pluriennali (come il bonus ristrutturazioni)
Un effetto collaterale che può azzerare i benefici prodotti dall’estensione della no tax area, soprattutto per le famiglie con spese detraibili importanti.
Redditi e IRPEF e come incidono eventualmente anche sull’ISEE
L’estensione della no tax area può sembrare un intervento virtuoso, ma non privo di criticità. Ridurre l’IRPEF significa aumentare il reddito disponibile, e questo ha un impatto diretto sull’ISEE, parametro fondamentale per:
- bonus sociali
- agevolazioni scolastiche
- assegni familiari
- esenzioni ticket
- contributi per affitti e servizi
Se l’ISEE aumenta, molte famiglie potrebbero perdere agevolazioni oggi fondamentali.
Si genera inoltre un paradosso: la proposta delle opposizioni produrrebbe vantaggi per contribuenti con redditi fino a 60.000 euro.
Cioè molti degli stessi contribuenti che – sempre secondo le opposizioni – sarebbero i “favoriti” dal taglio dell’IRPEF già previsto dal governo per il ceto medio (secondo scaglione tra 28.000 e 50.000 euro).