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Oggi: 05 Dic, 2025

Il visto da 100.000 dollari spaventa l’industria tech americana, team di Trump diviso

Negli USA il visto da 100000 dollari spaventa l'industria tech e anche il team del presidente Donald Trump si divide sul tema.
2 mesi fa
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Visto USA da 100.000 dollari
Visto USA da 100.000 dollari © Licenza Creative Commons

A partire da ieri, 21 settembre, per ottenere il visto H-B1 ed entrare negli USA si dovrà versare una cifra una tantum di 100.000 dollari. Lo prevede l’ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump, che rivoluziona il sistema dei permessi. Lavoratori qualificati e studenti dovranno pagare per avere il privilegio di lavorare o formarsi presso la prima economia mondiale. Una sorta di dazio, che punta a garantire i posti di lavoro dei cittadini americani. Per dirla con le parole del segretario al Commercio, Howard Lutnick, “un’impresa deve decidere se la persona possegga un valore sufficiente per poter pagare 100.000 dollari all’anno allo stato”.

Timori tra colossi Big Tech

Subito dopo, però, l’addetta stampa alla Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha precisato sui social che per il visto USA il pagamento da 100.000 euro sarà “una tantum”. Dalle dichiarazioni di Lutnick, tuttavia, si evince che le aziende potranno pagare questa sorta di dazio per attirare quelli che considerano talenti dall’estero. L’importo cospicuo farebbe sì che eviteranno di assumere personale straniero indiscriminatamente, concentrandosi su coloro che possano apportare un reale e cospicuo valore aggiunto.

Gli ingressi con il visto H-B1 negli USA sono stati fissati ad un massimo di 85.000 unità sin dal 2004. Per l’anno prossimo le domande sarebbero scese a 359.000, ai minimi in quattro anni. Il maggiore rischio lo corrono le società della Big Tech come Amazon, Apple, Meta, Microsoft e Google. Stando ai dati ufficiali, i principali beneficiari di questo sistema di permessi sono stati l’anno scorso gli indiani per il 71%, seguiti dai cinesi all’11,7%.

Trumpiani divisi, la spunta Bannon

Ricordiamo che Trump ha di recente lanciato anche il Golden Visa, un visto speciale per chi volesse entrare negli USA per risiedervi.

Il costo da sostenere è di 1 milione di dollari. L’idea è di attirare cittadini facoltosi dal resto del mondo. Per quanto riguarda, invece, il visto B-H1 a dividersi è lo stesso “inner circle” del presidente. L’ex fedelissimo Elon Musk si è mostrato contrario quando ancora frequentava gli uffici della Casa Bianca. Di diverso avviso Steve Bannon, già chief strategist di Trump nei primi mesi della prima amministrazione. Egli è favorevole a limitare gli ingressi di presunti talenti stranieri.

Lo stesso Trump non aveva assunto finora una posizione netta al riguardo, sostenendo di capire entrambe le campane. Una stretta sul visto negli USA fu varata durante il suo primo mandato contro gli abusi. I dinieghi salirono nel 2018 al 24% del totale contro una media di circa quattro volte inferiore negli anni di Barack Obama. Allora si levarono voci critiche dalla Big Tech. Non è così questa volta. I magnati della Silicon Valley non vogliono perdere la benevolenza della Casa Bianca per i prossimi anni.

D’altra parte, avevano già lanciato un appello ai lavoratori stranieri che si trovassero fuori dagli USA, affinché tornassero prima dell’entrata in vigore dell’ordine esecutivo, evitando di mettervi piede nei giorni successivi. C’è incertezza, infatti, riguardo alla loro condizione.

Dal governo hanno fatto presente che la riforma del visto per entrare negli USA riguarda solo le nuove richieste.

Stretta su visto USA, in Europa possibile?

Puoi questa politica fare scuola in Europa? Al di là del diverso clima politico, c’è una ragione che spinge a credere il contrario. Il Vecchio Continente attrae, soprattutto, lavoro povero. Nessuna azienda immaginerebbe mai di versare una cifra simile a quella fissata negli USA per far ottenere il permesso di soggiorno a un dipendente extra-comunitario. Da noi gli stranieri che arrivano, svolgono perlopiù (non sempre) lavori poco qualificati e spesso risultano indispensabili per portare avanti la produzione in settori che altrimenti rimarrebbero a corto di manodopera. Ciò non esclude l’assenza di abusi, specie tra quelle piccole imprese che neppure cercano lavoratori locali, confidando nel minor costo per assumere uno straniero.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

 

 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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