Mentre la Francia sprofonda nella crisi politica e dei conti pubblici ogni giorno di più, i giudizi sull’Italia si fanno sempre più lusinghieri. E ieri per la prima volta da quando esiste l’euro il rendimento decennale italiano è sceso sotto quello francese, pur per poco. Sempre ieri, Bloomberg riportava l’esistenza di un “tesoretto” di 13 miliardi di euro a disposizione del governo di Giorgia Meloni. Una notizia che non è stata ufficialmente confermata a Roma, anche se circola da qualche giorno proprio tra gli uffici dei dicasteri.
Cos’è il tesoretto
Che cosa significa tesoretto? E’ un’espressione in voga nel linguaggio politico-giornalistico italiano per designare quella situazione in cui avanzerebbero risorse per il bilancio dello stato.
In pratica, quando i conti pubblici si rivelano migliori delle previsioni. E ciò capita o quando le entrate salgono più o quando le spese aumentano meno delle stime precedenti.
Cosa starebbe accadendo all’Italia? Sappiamo che le entrate fiscali stiano aumentando oltre le previsioni, tant’è che da tutta l’estate il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, sta difendendo il fortino dall’assalto dei partiti della maggioranza. Egli ha fatto presente che non esisterebbe alcun reale avanzo da sfruttare. Un modo brusco per segnalare alla maggioranza che serve prudenza e la trippa per i gatti è poca.
Scende spesa per interessi
Tuttavia, il tesoretto citato da Bloomberg non ha a che fare con le entrate fiscali, bensì con la spesa per interessi. Sappiamo tutti che negli ultimi tempi lo spread italiano è crollato ai minimi dal 2010. Questo significa che gli investitori chiedono un premio molto più basso per acquistare titoli del debito pubblico italiano, anziché tedeschi.
Perché? C’è fiducia sull’Italia. Il governo Meloni è stabile, già quarto più longevo nella storia repubblicana e a breve salirà sul podio. Questo la dice lunga sulla storica instabilità cronica del nostro Paese. In più, la premier ha saputo gestire i conti pubblici con estrema parsimonia.
Spread basso non significa di per sé rendimenti in calo. In effetti, negli ultimi mesi i rendimenti italiani non sono scesi, ma sono saliti quelli tedeschi con l’annuncio del riarmo in Germania. Comunque sia, per quest’anno la spesa per interessi sul debito è stimata di 5 miliardi più bassa rispetto alle previsioni ufficiali. E per il 2026 sarebbe di altri 8 miliardi più bassa. Totale: 13 miliardi. Ecco il tesoretto di cui si parla. Il governo si mostra prudente, anzitutto perché i conti si fanno alla fine. E nessuno può in anticipo capire con esattezza come si muoveranno i mercati finanziari.
Prudenza fiscale resta d’obbligo
La prudenza ostentata è in gran parte di facciata. Serve a Palazzo Chigi e a Via XX Settembre a placare gli appetiti dei partiti. Già Forza Italia chiede di utilizzare parte del tesoretto per il taglio delle tasse. La Lega vorrebbe estendere la flat tax per le partite IVA e rinnovare la rottamazione delle cartelle. C’è da considerare che dovremo aumentare la spesa militare per tendere negli anni a quel 5% del Pil, pur gonfiato da voci di bilancio non strettamente legate alla difesa. E’ stato un impegno ufficiale preso con gli alleati della NATO a giugno.
Ammesso che confermassimo l’esistenza di questo tesoretto, la prudenza dovrebbe restare massima. Se oggi non c’è più sui mercati un “caso Italia”, è proprio perché abbiamo fatto le formiche negli ultimi anni. Risparmiare è sempre un sacrificio, come anche per un soggetto privato. Implica la rinuncia a un atto di consumo nel presente. Il premio è l’interesse. Nel caso di un debitore come lo stato italiano, esso scende come prova della sua maggiore credibilità fiscale. Si genera così un circolo virtuoso: si fa un po’ di austerità per mettere ordine nel bilancio e i risultati ottenuti superano le attese grazie al fattore interessi.
Bene conti, resta bassa crescita
Se l’Italia non intaccasse il tesoretto, la discesa del deficit accelererebbe in rapporto al Pil e in valore assoluto. I mercati ci premierebbero ulteriormente, abbassando i rendimenti richiesti sui BTp. Risaneremmo i conti pubblici prima del previsto e disporremmo presto di risorse realmente utilizzabili per abbassare la pressione fiscale e/o aumentare alcune voci di spesa. C’è la possibilità che quest’anno il deficit scenda già al 3% del Pil o persino leggermente sotto. Sarebbe un segnale molto positivo per i mercati. La Commissione europea chiuderebbe la procedura d’infrazione aperta nel 2024. In concreto, l’Italia uscirebbe dalla lista degli stati sorvegliati, aumentando le distanze con la Francia.
Non dobbiamo dimenticare che, pur a fronte di un disavanzo sempre più contenuto, possediamo un debito enorme rispetto al Pil e ormai sopra i 3.000 miliardi. E’ il secondo più alto in Europa dopo la Grecia. Per abbatterlo servono conti in ordine e crescita economica. Sul primo punto siamo sulla buona strada, sul secondo resta molto da fare. In un contesto di stagnazione continentale, l’Italia sta barcamenandosi. Resta il fatto che il nostro Pil cresca a ritmi medi inferiori all’1%. Non è quello che vorranno continuare a vedere i creditori.
Tesoretto garanzia per mercati
In conclusione, il tesoretto va preservato dalle legittime tentazioni di chi pensa di sfruttarlo a sostegno della crescita.
Non c’è stimolo all’economia che possa arrivare dal fare deficit. Questo non significa che non se ne possa fare uso per una parte minima, magari per sostenere gli investimenti pubblici o tagliare le imposte al ceto medio. L’importante è che i mercati capiscano che ogni euro risparmiato in interessi verrà messo da parte quasi per intero dall’Italia per accelerare il risanamento fiscale. E’ così che siamo riusciti a toglierci di dosso l’etichetta di cattivo ragazzo d’Europa.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

