Sono numeri da paura quelli che vengono sviscerati dal rapporto Clusit 2021: il problema della cybersecurity sta diventando la grande tegola del nostro tempo, a livello tecnologico. Si parla nel rapporto di un aumento del 78% negli ultimi 4 anni per quanto riguarda gli attacchi informatici subiti dalle PMI nostrane. C’è chi parla di cyberpandemia.

Cybersecurity, il problema delle PMI italiane

Un attacco ogni 5 ore, è questo il quadro inquietante dipinto dal rapporto Clusit 2021 in merito alla cybersecurity del nostro paese, soprattutto per quanto riguarda le piccole e medie imprese.

Ma abbiamo visto che ormai si tratta di un problema molto diffuso anche per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione. Le aziende comunque non se ne stanno certo a guardare, o almeno non secondo le previsioni. Una stima effettuata dal report di Alvarez&Marsal, sostiene che l’80% delle aziende nei prossimi anni considererà strategico investire in cybersecurity.

La pandemia del Covid-19 ha accelerato un processo che, come abbiamo detto, era in atto già da 4 anni, se si considera appunto che i numeri riguardo gli attacchi informatici hanno subito un’impennata mostruosa già a partire dal 2016. Ragionevole quindi pensare che la cybersicurezza farà parte dell’asset aziendale e costituirà una delle strategie primarie nelle quali investire nell’immediato futuro. A che punto è però l’Italia in questo particolare processo che riguarda la trasformazione digitale del nostro marketing e non solo?

Cybersecurity e made in Italy

È in questo quadro che si muove Gayla, startup italiana nata nel 2017 che produce software totalmente made in Italy e ribadisce che l’importanza di avere una cyber protection tutta italiana. Nicola Mugnato esperto di cyberecurity e co-fondatore della startup in questione, ha espresso alcune interessanti considerazioni in merito alla questione. Secondo l’esperto il nostro paese è sostanzialmente in linea con gli altri paesi europei in merito alla questione cybersecurity. Ma quali sono i rischi a cui va incontro una azienda? Ecco le sue parole:

“Esistono essenzialmente due tipi di rischi per le aziende: gli attacchi casuali e quelli mirati. Gli attacchi casuali sono quelli a cui tutti siamo esposti quando utilizziamo Internet per ricevere mail o per visitare siti Internet perché, attraverso questi servizi, possiamo accedere a siti compromessi o falsi, realizzati per entrare in possesso dei nostri nomi utenti e password. Oppure può accadere che questi siti ci facciano scaricare malware o ramsonware per criptare i nostri dati e chiedere un riscatto. Questo tipo di attacchi viene lanciato dagli hacker senza un obiettivo preciso, ma solo con la consapevolezza che ‘qualcuno ci cascherà’. Esistono poi attacchi progettati e realizzati per colpire una specifica organizzazione o azienda.

In questo caso gli hacker sono molto più evoluti e hanno un obiettivo ben definito che potrebbe essere quello di creare solo un danno di immagine o propagandare una certa idea, come nel caso dell’Hacktivism, o per rubare la ricerca tecnologica di un’azienda, in questo caso si parla di spionaggio industriale. Ancora, può essere realizzato un attacco per recare un danno diretto ai cittadini interrompendo o alterando un servizio essenziale come l’erogazione dell’energia o la clorazione dell’acqua, in questo caso si parla di terrorismo. Tutti noi e le piccole e medie imprese, siamo principalmente esposti agli attacchi di tipo causale, mentre le grandi aziende, la pubblica amministrazione e le infrastrutture critiche nazionali devono fronteggiare entrambi questi tipi minacce”.

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