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Oggi: 05 Dic, 2025

Il taglio dei tassi anche già a settembre per la BCE si avvicina dopo l’accordo sui dazi

A settembre le probabilità che la BCE tagli i tassi di interesse aumentano dopo l'accordo sui dazi firmato in Scozia.
4 mesi fa
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C’è imbarazzo tra le capitali europee. I governi non sanno giustificare ai propri cittadini quella che appare una resa incondizionata sui dazi. L’accordo sottoscritto in Scozia con gli Stati Uniti è sbilanciato tutto a favore di questi. Non solo imporranno tariffe al 15% da agosto, ma in più ci obbligheranno ad acquistare da loro più petrolio, gas e armi. Lo scontento è così alto che nessuno vuole ufficialmente metterci il cappello sull’esito del negoziato. Anzi, il premier francese François Bayrou parla esplicitamente di “giorno buio per l’Europa”. Che poi tanto negoziato non è stato, semmai la ratifica dei desiderata altrui.

Per questa ragione crescono repentinamente le probabilità che la Banca Centrale Europea (BCE) già a settembre torni a tagliare i tassi di interesse.

BCE chiamata a tagliare i tassi

Al board di giovedì scorso ci eravamo lasciati con una pausa, praticamente scontatissima. Christine Lagarde ha ribadito che si atterrà ai dati macro di riunione in riunione. Nel comunicato si legge che le tensioni commerciali costituiscono una principale fonte di incertezza e contribuiscono a disorientare l’istituto sulle future mosse di politica monetaria.

Ieri, il cambio euro-dollaro è sceso dell’1% fino sotto 1,1650. Un movimento che si spiegherebbe con l’allentamento dell’incertezza sui mercati, che clamorosamente da mesi ha punito il dollaro. Ci sarebbe di più. L’euro si è rafforzato del 13% da inizio anno. E’ come se i dazi americani si fossero portati a ridosso del 30%, che non a caso era la soglia minacciata dal presidente Donald Trump in assenza di un accordo. L’Unione Europea non può permettersi questa stangata, essendo un’economia esportatrice.

Per questa ragione a settembre tornerà a tagliare i tassi.

Super euro dazio su dazio

I capitali si dirigono dove i rendimenti sono più elevati. E questi, almeno per il tratto medio-breve della curva, dipendono dal livello dei tassi. Negli ultimi mesi c’è stato un grande afflusso nell’Eurozona e a discapito degli Stati Uniti. Da un lato ci compiacciamo di questo trend, dall’altro paghiamo pegno con un euro più forte, a fronte di dazi che già intaccano la competitività delle nostre imprese. Se le cose restassero così nelle prossime settimane, la BCE a settembre dovrà reagire ai dazi con tassi più bassi. Solo così riuscirebbe a sgonfiare un po’ l’euro.

In realtà, c’è sempre l’incognita Federal Reserve. Essa non sta potendo tagliare i tassi, malgrado le pressioni pubbliche di Trump. La sua politica sui dazi paradossalmente riduce le probabilità di un taglio imminente, in quanto accresce le aspettative d’inflazione. Da qui a fine anno, però, i mercati si aspettano che il governatore Jerome Powell tagli. Il dollaro accelererebbe le perdite e per l’Eurozona sarebbe un disastro. Al fine di evitare questo scenario, la BCE sarà costretta ad anticipare il governatore americano con un taglio già a settembre.

Tassi a settembre in calo contro l’euro forte

Nelle scorse settimane, il numero due dell’istituto ha messo in guardia da un cambio euro-dollaro sopra 1,20. Lo spagnolo Luis de Guindos ha fatto intendere che Francoforte non lo tollererebbe, in quanto dannoso per l’economia dell’area. Poiché appare impensabile rivedere i termini dell’accordo sui dazi ancor prima che entri in vigore, l’unica soluzione resta ormai di accettarlo e cercare di neutralizzarne gli effetti attraverso la politica monetaria. Sempre che l’inflazione non ci rifili un bel calcio negli stinchi.

Infine, la diversificazione dei mercati. Trattasi di un’ipotesi di lungo periodo e parziale. Le imprese europee non potranno cambiare nell’immediato mercati di sbocco. Dovranno prima trovare nuovi clienti e l’Unione Europea nel frattempo dovrà garantire condizioni commerciali più favorevoli con accordi specifici. Questo è stato il senso della recente visita in Asia di Ursula von der Leyen. Ma non facciamoci illusioni. Il Pil pro-capite dei 340 milioni di americani è cinque volte più alto che in Cina e oltre una trentina che in India. In più, le preferenze dei consumatori americani sono assai più simili a quelle di noi europei. Sarà impossibile sfuggire alla scure dei dazi.

giuseppe.timpone@investireoggi.it 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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