Sono iniziate nella settimana che si è conclusa le audizioni degli organismi tecnici in merito alla legge di Bilancio per il 2026 e già hanno fornito più di un titolo di apertura ai quotidiani. ISTAT e Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) hanno eccepito che il taglio delle tasse previsto dalla manovra del governo andrebbe a beneficio dei redditi più alti. Tanto è bastato per scatenare l’ovvia reazione politica. In particolare, le opposizioni hanno criticato la maggioranza, rea di fare “un regalo ai ricchi”. Questa è l’espressione usata da Angelo Bonelli di Alleanza Sinistra Verdi. I toni non sono stati granché differenti, tuttavia, per Partito Democratico e Movimento 5 Stelle.
Taglio delle tasse sopra 28.000 euro
Il taglio delle tasse riguarderà questa volta i contribuenti con redditi dai 28.000 ai 50.000 euro. Per loro l’aliquota IRPEF scenderà dal 2026 dal 35% al 33%. I risparmi massimi ammonteranno a 440 euro, ma saranno sterilizzati per i redditi sopra i 200.000 euro. Questi si troveranno a subire una decurtazione forfetaria delle detrazioni ammissibili proprio di 440 euro.
Analisi degli organismi indipendenti
L’ISTAT ha trovato che l’85% delle risorse andranno a beneficio dei due quinti della popolazione più ricca. L’Upb ha spiegato che ben il 96% dei dirigenti beneficerà del taglio alle tasse, ma solo il 53% degli impiegati, il 37% dei lavoratori autonomi, il 27% dei pensionati e il 16% degli operai. In buona sostanza, il governo starebbe favorendo i “ricchi”.
Ora, se c’è un problema relativo al taglio delle tasse annunciato, sta nel fatto di essere troppo poco. Coinvolti 13 milioni di contribuenti per un beneficio medio di poco superiore ai 200 euro all’anno.
Invece, l’accusa tra le righe sarebbe che andrà a beneficiare troppo i contribuenti più facoltosi. Avete capito? Dichiarare 50.000 euro lordi all’anno, cioè meno di 2.500 euro netti al mese, è diventata roba da ricchi in Italia. E a chi andrebbero tagliate le tasse in Italia, se dai dati ufficiali emerge che quasi la metà dei contribuenti (43%) non versa neanche un euro e poco più del 27% paga circa il 77% del totale?
Dittatura della maggioranza?
Negli anni passati, il taglio a tasse e contributi ha riguardato esclusivamente le fasce di reddito più basse. Dal 2024, ad esempio, l’aliquota IRPEF prima al 25% è scesa al 23% per i redditi tra 15.000 e 28.000 euro, assorbiti nel primo scaglione. I contributi si sono abbassati in via definitiva del 7% per i redditi fino a 25.000 euro e del 6% fino ai 35.000 euro. Seguendo la logica degli organismi indipendenti, le tasse andrebbero sempre e comunque ridotte a chi ne paga poche. E chi ne dichiara tante, non merita alcuno sgravio. Salvo lamentarsi dell’elevato tasso di evasione fiscale con il mantra “pagare tutti per pagare meno”.
Al contrario, questi pregiudizi svelano che se anche le casse dello stato traboccassero di entrate, nessun beneficio andrebbe concesso ai redditi più alti. Viene da chiedersi se il messaggio che abbiamo appena inviato ai contribuenti più facoltosi sia di essere stupidi, in quanto meglio sarebbe per loro dichiarare meno.
Qual è la concezione che emerge dall’attacco a questo magrissimo taglio delle tasse? La dittatura della maggioranza. I redditi più bassi, essendo più numerosi, devono ricevere sostegno sempre e comunque a discapito degli altri. In Italia è stato sempre facile fare caciara su qualsiasi tentativo di ridurre il carico fiscale sui contribuenti più tartassati. L’accusa di favorire i “ricchi” dissuade qualsiasi governo anche solo dal pensarci, specie se sotto elezioni.
Taglio delle tasse, dibattito aberrante
Se in Europa qualcuno avesse ascoltato le dichiarazioni rese in Parlamento dai rappresentanti di autorevoli organismi tecnici, si sarebbe fatta l’idea che l’Italia sia diventata una nazione del terzo mondo. Se basta guadagnare 2.000 euro netti al mese per essere inquadrati come ricchi, siamo mentalmente perduti. Che i partiti possano assecondare tale concezione, nel gioco della politica ci può stare. Che lo facciano gli esperti, è qualcosa di estremamente preoccupante.
giuseppe.timpone@investireoggi.it

