Occhio al possibile conguaglio sul TFR. Come canta J-Ax con il brano Anni amari: “Niente è gratis dico pronto, pago il conto. guardo lo specchio senza ribrezzo. Con gli anni che ho ammetto adesso potrei dare un prezzo a quello che ho. Pensavo bastasse il rock’n’ roll, bastasse l’instabilità e invece anch’io ho scadenze tasse e responsabilità, così la vita assomiglia a quella di mio papà”.
Con l’età che avanza arriva anche la consapevolezza che libertà e leggerezza giovanile lasciano spazio a conti da fare con la realtà, come ad esempio bollette, imposte e, per molti ex lavoratori, anche il conguaglio fiscale sul TFR.
Una sorpresa tutt’altro che gradita per chi pensava di aver chiuso definitivamente con i doveri verso il Fisco al momento del pensionamento o della cessazione del rapporto di lavoro. Nel corso degli ultimi mesi, infatti, molte persone hanno ricevuto, o stanno ricevendo, delle cartelle esattoriali con richieste di pagamento aggiuntivo legate proprio al Trattamento di Fine Rapporto o al Trattamento di Fine Servizio. Non si tratta di sanzioni o errori, ma di un ricalcolo previsto dalla normativa fiscale che può portare a un saldo da versare.
Se hai preso il TFR potrebbero richiederti extra tasse: come funziona il conguaglio
Molti ex dipendenti pubblici si ritrovano alle prese con delle comunicazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate in merito a delle imposte arretrate legate al TFR o al TFS. Ma per quale motivo? Ebbene, bisogna sapere che al momento della liquidazione di questi due trattamenti si applica una ritenuta Irpef standard del 23%, come acconto sulle tasse dovute. Questa ritenuta, però, non rappresenta sempre l’imposta definitiva. In molti casi, soprattutto per i compensi arretrati, l’Inps agisce solo come sostituto d’imposta provvisorio, ma il calcolo finale dell’imposta effettiva spetta all’Agenzia delle Entrate che, dal suo canto, può intervenire anche mesi dopo attraverso un conguaglio fiscale.
Questo si verifica perché le somme corrisposte a titolo di TFR e TFS vengono tassate separatamente rispetto al reddito ordinario, tenendo conto di una media delle aliquote Irpef applicate nei due anni precedenti alla liquidazione. Questo metodo tiene conto del fatto che si tratta di compensi riferiti ad anni diversi rispetto a quello di percezione.
Se, ad esempio, nel biennio precedente un lavoratore ha versato Irpef con un’aliquota media del 27% e l’Inps ha trattenuto solo il 23%, allora il contribuente dovrà versare un ulteriore 4%. Supponiamo che una persona abbia ricevuto un TFR netto di 20 mila euro con una ritenuta del 23%, ovvero 4.600 euro.
Sulla base dei redditi percepiti dal soggetto in questione nel biennio precedente, l’Agenzia delle Entrate stabilisce che avrebbe dovuto versare un’imposta del 27,2%. Il ricalcolo genera quindi una differenza del 4,2%, ovvero 840 euro da restituire allo Stato.
Chi rischia di dover pagare e chi resta escluso
A rischiare di dover pagare sono soprattutto coloro che hanno ricevuto importi elevati di TFR o TFS, che hanno percepito negli anni precedenti redditi medio-alti.
O ricevuto il trattamento con ritardo rispetto all’anno di competenza. Al contrario chi ha un TFR modesto, come ad esempio molti docenti precari o ATA a tempo determinato, difficilmente riceverà avvisi. Ciò poiché la differenza d’imposta si rivela inferiore alla soglia minima prevista.
Trattandosi di un conguaglio fiscale inoltre, è bene sottolineare, non sono previste sanzioni né interessi. Questo ovviamente a meno di ritardi nel pagamento. L’Agenzia delle Entrate, infatti, chiede solo il pagamento della quota effettivamente dovuta in base al ricalcolo. Il contribuente può chiedere la rateizzazione del pagamento, fino a un massimo di 8 rate trimestrali. In caso di dubbi si consiglia di rivolgersi a un Caf, Patronato o commercialista di fiducia per ottenere maggiori informazioni in merito.
