L’Italia non è un Paese dove si può diventare ricchi. La ricchezza nel nostro Paese è bloccata nella mani di pochi e difficilmente il povero riesce a entrarne in possesso.

I ricchi rimangono ricchi mentre i poveri restano poveri in una società dove tempo immemore la ricchezza resta concentrata nelle mani di pochi eletti.

A dimostrarlo uno studio molto singolare di due economisti della Banca d’italia, Guglielmo Barone e Sauro Nocetti. Lo studio, relativo al contesto di Firenze può portare ad una riflessione più ampia che riguarda tutta la nostra Nazione.

I due economisti esaminando i contribuenti  fiorenti è risultato che le famiglie più ricche di 600 anni fa sono le stesse più ricche del 2011. 900 dei cognomi più facoltosi della società fiorentina del 1400 sono ancora presenti a Firenze per un totale di 52mila contribuenti come se si ci fosse una sorta di protezione per i discendenti dei ceti alti rispetto alla disfatta economica.

Secondo i due economisti la realtà della società fiorentina non è un caso estremo e, anzi, potrebbe essere esteso non solo all’intera Italia ma ad altri Paesi avanzat dell’Europa occidentale.

Quello che è stato scoperto dai due economisti della Banca d’Italia non è un caso isolato, infatti, anche in Inghilterra, da un gruppo di ricercatori, era stato dimostrato che lo status socioeconomico di una famiglia può resistere a 8 secoli e 28 generazioni.

La struttura della società italiana rimane, a distanza di secoli, estremamente corporativista, bloccata. Così come dimostrato anche da un’analisi firmata da Maria De Paola la quale riportava l’attenzione sul fenomeno della “curva del grande Gatsby”, una rappresentazione grafica che testimonia come la disuguaglianza nella distribuzione del reddito sia associata ad un’alta probabilità che la situazione socioeconomica degli eredi dipenda molto dal reddito delle generazioni precedenti.  Se si proviene, quindi, da una famiglia ricca sarà più facile mantenere la ricchezza, così come se si proviene da una famiglia povera sarà più probabile rimanere in povertà.