Sul sito ufficiale dell’Arbitro Bancario Finanziario sono state pubblicate nuove decisioni in merito ai buoni fruttiferi postali. L’ultima decisione numero 8827 del 14 maggio 2020 del Collegio di Bari, ecco la sentenza, riguarda un buono postale di 5.000.000 lire emesso il 30 marzo 1987. La ricorrente, cointestataria di tale titolo, ha presentato ricorso perché sul retro di esso vi erano 3 timbri e perché al momento della richiesta del prospetto di liquidazione, l’intermediario le ha indicato un rimborso inferiore.

Ma vediamo nel dettaglio cosa è accaduto e quale è stata la decisione del Collegio di Bari in merito a questa nuova diatriba tra un risparmiatore e Poste Italiane.

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Il buono con 3 timbri

Una donna cointestataria di un bfp di 5.000.000 lire emesso il 30 marzo 1987 si è rivolta all’ABF perché al momento della richiesta del prospetto di liquidazione, l’intermediario le ha indicato un rimborso inferiore rispetto alle somme riportate dietro al titolo. Su quest’ultimo erano apposti tre timbri sul retro: uno che recava interessi della serie AC/AB cancellato mentre altri due che recavano rendimenti della serie P/O e Q/P. Nessuno dei tre timbri, poi, menzionava i rendimenti dal ventesimo al trentesimo anno.

La risparmiatrice si è quindi appellata all’Arbitro Bancario Finanziario affinché le fosse riconosciuto l’esatto ammontare di quanto le spettava secondo il tasso di interesse indicato a tergo del titolo almeno dal 21° al 30° anno.

La risposta dell’intermediario

Poste Italiane in merito al ricorso presentato ha chiarito che per questa tipologia di buono fruttifero postale il rendimento è strutturato prevedendo un interesse composto per i primi 20 anni e un importo bimestrale per ogni bimestre maturato dopo il 21° e fino al 31 dicembre del 30° anno successivo a quello dell’emissione.

L’intermediario ha poi spiegato che per l’emissione dei titoli della nuova serie Q sono stati utilizzati (in conformità alla normativa) anche i moduli della serie P con apposizione (sul fronte e sul retro del buono) di un timbro con la dicitura Q/P ed i nuovi tassi di interesse come indicati nella tabella allegata del Decreto Ministeriale.

Quest’ultimo, infatti, prevedeva che vi fosse l’indicazione dei nuovi tassi e non pure l’importo da corrispondere ogni due mesi dal 21° al 30° anno. Tale periodo secondo l’intermediario doveva essere infatti calcolato senza alcuna variazione  e riferito al massimo tasso di interesse raggiunto.

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La decisione del Collegio di Bari

In merito alla questione sottoposta, il Collegio ha citato il Decreto Ministeriale del 16 giugno 1984 nel quale all’articolo 5 viene comunicato che dovevano essere considerati a tutti gli effetti titoli della nuova serie ordinaria oltre a quelli di serie P anche quelli della precedente serie O emessi da Poste Italiane dal 1° luglio 1984.

Su tali buoni fruttiferi postali, infatti, Poste Italiane avrebbe dovuto apporre due bolli: uno davanti con la dicitura P/O e l’altro dietro con i nuovi tassi. Sempre lo stesso articolo stabiliva poi che erano da considerarsi a tutti gli effetti buoni della nuova serie ordinaria oltre a quelli contraddistinti dalla lettera Q (con moduli forniti poi dal Poligrafico di Stato) anche quelli della serie precedente P emessi dal 1° luglio 1986 con due timbri: davanti con la dicitura Q/P e dietro con i nuovi tassi. Per i primi 20 anni, quindi, Poste Italiane ha applicato i timbri in modo corretto.

Il problema, secondo il Collegio, erano i timbri dal 21° al 30° anno in quanto non vi era nulla che riguardasse il rendimento previsto in quegli anni. Proprio per questo il Collegio ha ritenuto opportuno dare la prevalenza a quanto risulto dal titolo perché il sottoscrittore ci aveva fatto affidamento.

La risparmiatrice, quindi, avrà diritto al rendimento indicato sul retro dei buoi relativamente al periodo dal 21° al 30° anno.

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