Una recente pronuncia della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Firenze ha riportato al centro del dibattito un tema ormai decisivo nel contenzioso fiscale: il rispetto rigoroso delle regole tecniche nel deposito telematico degli atti. Con la sentenza n. 810 del 20 ottobre 2025, i giudici toscani hanno chiarito che un atto introduttivo privo dei requisiti tecnici previsti dal processo digitale non può essere considerato valido. Di conseguenza, un ricorso tributario presentato tramite file scansionato e firmato solo a mano non supera il vaglio di ammissibilità.
Ricorso tributario: perché il rispetto del formato è determinante
Il decreto del Ministero dell’Economia del 4 agosto 2015 individua in modo molto preciso le caratteristiche che un documento destinato al processo tributario deve possedere quando viene trasmesso per via telematica.
Ogni atto deve rispettare quattro condizioni essenziali:
- essere prodotto in formato PDF/A-1a oppure PDF/A-1b;
- non contenere elementi attivi, come collegamenti ipertestuali o macro;
- non ridursi a una semplice scansione di un foglio cartaceo;
- essere firmato con una firma elettronica qualificata.
Secondo la Corte di Firenze, la mancanza anche di uno solo di questi elementi priva il documento della sua natura di “documento informatico” giuridicamente valido. La conseguenza è immediata: l’atto non può aprire il giudizio.
Il caso analizzato dai giudici
La controversia esaminata dalla Corte riguarda una società per azioni che aveva scelto di impugnare un avviso di liquidazione relativo all’imposta di registro su una scrittura privata autenticata. Per farlo, aveva predisposto un ricorso tributario su carta, lo aveva firmato manualmente, poi lo aveva scansionato e infine spedito via PEC all’ufficio giudiziario come allegato in formato .
pdf.p7m.
L’Agenzia delle Entrate, costituitasi in giudizio, ha subito evidenziato l’irregolarità dell’atto, sottolineando l’assenza della firma digitale. La Corte ha condiviso integralmente questa posizione, rilevando che il documento inviato dalla società non rispettava i requisiti imposti dal sistema telematico.
L’obbligo del digitale nel processo tributario
La motivazione dei giudici si fonda in particolare sull’articolo 16-bis del decreto legislativo n. 546/1992, che impone a tutte le parti coinvolte nel processo tributario — contribuenti, difensori, consulenti e tecnici — l’utilizzo esclusivo del canale telematico sia per il deposito degli atti sia per le notifiche. L’unica eccezione possibile riguarda l’autorizzazione al deposito cartaceo da parte del Presidente della Corte, ma solo in presenza di un provvedimento motivato. Nel caso esaminato, questa deroga non è stata richiesta né concessa.
Anche il decreto ministeriale del 2015 citato dai giudici rafforza tale impostazione. L’articolo 10 ribadisce che il ricorso tributario trasmesso digitalmente deve essere nativo informatico, redatto cioè direttamente in formato digitale e firmato con firma elettronica qualificata. Una scansione di un documento analogico, anche se trasformata in un file .p7m, non soddisfa le condizioni richieste.
Il ruolo della firma elettronica qualificata nel ricorso tributario
La Corte richiama inoltre l’articolo 20 del Codice dell’amministrazione digitale. Questa norma stabilisce che la validità giuridica del documento informatico dipende dall’apposizione della firma digitale, un elemento indispensabile per garantire tre aspetti fondamentali:
- autenticità dell’autore;
- integrità del contenuto;
- certezza della provenienza.
- Quando manca questa sottoscrizione, il documento non può essere equiparato a un atto processuale valido. È proprio ciò che è avvenuto nel caso fiorentino: la semplice scansione di un testo firmato a penna non offre alcuna garanzia sulle caratteristiche richieste dalla normativa digitale.
Un orientamento ormai consolidato
La decisione dei giudici toscani non rappresenta un episodio isolato. La sentenza richiama infatti un precedente della Corte di giustizia tributaria di primo grado del Piemonte (n. 946/2022), che aveva già affermato l’inammissibilità di un ricorso scansionato e poi trasmesso via PEC. In quella occasione si era chiarito che il mancato rispetto delle regole tecniche relative al formato e alla firma non può essere considerato una semplice irregolarità sanabile secondo l’articolo 156 del codice di procedura civile. Si tratta invece di elementi essenziali, la cui violazione determina una nullità insanabile.
A rafforzare ulteriormente questo orientamento viene citata anche una decisione della CTR Emilia-Romagna (sentenza n. 1223/6/2021). Anche in quel caso era stata confermata l’inammissibilità di un atto introduttivo privo di firma digitale, seppure notificato correttamente tramite posta elettronica certificata.
Una lezione sul ricorso tributario per contribuenti e professionisti
La sentenza della Corte di Firenze offre un’indicazione chiara: nel processo tributario telematico non è sufficiente trasmettere gli atti per via digitale; è necessario che la forma del documento sia pienamente conforme alle disposizioni tecniche. Ogni ricorso tributario deve essere predisposto nativamente in digitale, firmato con certificato elettronico qualificato e privo di elementi che possano comprometterne la struttura.
La digitalizzazione del contenzioso fiscale, dunque, impone un livello di attenzione elevato a chi opera all’interno del processo. La mancata osservanza delle regole, anche se solo formale, può impedire la trattazione del merito e determinare la chiusura del giudizio ancor prima di entrare nella sostanza della questione.
Riassumendo
- La Corte di Firenze ribadisce l’obbligo di rispettare le regole del processo telematico.
- Un ricorso tributario scansionato e firmato a mano è considerato inammissibile.
- Il documento digitale deve essere nativo informatico, PDF/A e con firma qualificata.
- La firma digitale garantisce autenticità, integrità e validità giuridica dell’atto.
- Precedenti sentenze confermano l’orientamento sull’inammissibilità degli atti non conformi.
- Nel contenzioso tributario la forma telematica corretta è requisito imprescindibile.

