Un recente episodio giudiziario ha riportato l’attenzione sui permessi 104, uno strumento fondamentale per garantire il diritto alla salute e alla vita sociale dei lavoratori con disabilità.
La vicenda riguarda un dipendente con handicap grave, titolare dei permessi previsti dalla legge 104/1992, seguito da un investigatore privato e successivamente licenziato dal proprio datore di lavoro. Il tribunale ha poi stabilito che il provvedimento di licenziamento era illegittimo e discriminatorio.
Il diritto ai permessi 104 e il loro utilizzo
La normativa italiana riconosce ai lavoratori dipendenti tre giorni al mese di assenza retribuita, anche frazionabili in ore, per assistere un familiare disabile o per esigenze personali se il beneficiario stesso è disabile.
Quindi, il disabile, se lavoratore, può fruire dei permessi 104 per se stesso. Questo diritto nasce per permettere cure mediche, riposo, terapie o altre attività necessarie al benessere fisico e psicologico. I permessi 104 non sono, quindi, limitati all’ambito domestico: possono includere momenti che favoriscano l’integrazione sociale e familiare del lavoratore disabile.
Nel caso in questione, il dipendente non stava assistendo un parente, ma utilizzava le ore di permesso per sé, come previsto dalla legge.
Ricordiamo che il legislatore ha anche appovato una nuova legge che permetterà, dal 2026, di fruire di 10 ore extra di permessi 104 per specifiche esigenze.
Il sospetto del datore di lavoro e il pedinamento
Il datore di lavoro, dubitando della correttezza dell’uso dei permessi, ha incaricato un’agenzia investigativa privata di seguire il lavoratore. Le indagini hanno documentato gli spostamenti dell’uomo anche fuori dall’orario di servizio. Durante le ore coperte dai permessi, il dipendente è stato visto entrare diverse volte in un’agenzia assicurativa gestita da un amico.
L’azienda ha interpretato questi comportamenti come un utilizzo improprio dei permessi 104 e ha deciso di licenziare il dipendente, accusandolo di aver svolto attività diverse da quelle consentite.
Il ricorso del lavoratore e la sentenza
Il dipendente, ritenendo il licenziamento ingiusto e discriminatorio, ha portato la questione davanti alla sezione Lavoro del Tribunale di Venezia. La giudice ha accolto integralmente il suo ricorso, annullando il provvedimento dell’azienda.
La sentenza ha sottolineato due aspetti chiave:
- limiti ai controlli aziendali – l’uso di agenzie investigative è ammesso solo se esistono sospetti concreti e specifici. Non è legittimo incaricare investigatori per generiche verifiche senza elementi oggettivi;
- illegittimità dei pedinamenti – il tribunale ha considerato non utilizzabili le prove ottenute tramite pedinamento, ritenendo che i controlli abbiano superato i confini del rispetto della privacy e dei diritti del lavoratore.
L’interpretazione sull’uso dei permessi 104
Il Tribunale di Venezia ha chiarito che l’uso dei permessi 104 non è vincolato esclusivamente a cure mediche o attività domestiche. Queste ore possono essere dedicate anche a momenti di socializzazione o a esperienze che favoriscono il benessere emotivo e l’integrazione nella comunità.
Nel fascicolo è stata inclusa la testimonianza di un amico del dipendente, che ha confermato come l’uomo si recasse presso l’agenzia assicurativa solo per trascorrere del tempo in un ambiente sereno e non per svolgere attività lavorativa.
Questo elemento ha rafforzato l’idea che il lavoratore non stesse abusando del diritto, ma lo stesse usando in modo coerente con la finalità della norma.
Le conseguenze per il datore di lavoro
A seguito della decisione, il licenziamento è stato dichiarato discriminatorio poiché legato direttamente alla fruizione dei permessi riconosciuti dalla legge 104/1992. Il tribunale ha ordinato:
- la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro;
- il pagamento degli stipendi non percepiti nel periodo in cui il lavoratore era stato escluso;
- il rimborso delle spese legali, a carico del datore di lavoro.
Questa sentenza evidenzia quanto sia importante per le aziende rispettare i diritti dei lavoratori e muoversi entro i limiti previsti dalla normativa.
Diritto ai permessi 104: un richiamo ai principi di tutela e inclusione
La vicenda rappresenta un richiamo forte ai principi alla base della legge 104/1992: garantire pari opportunità, protezione della salute e sostegno alla vita sociale delle persone con disabilità. Il caso mette in luce anche il delicato equilibrio tra le esigenze di controllo dei datori di lavoro e il diritto alla privacy e alla dignità dei dipendenti.
L’episodio dimostra che sospetti generici o controlli invasivi non possono giustificare provvedimenti drastici come il licenziamento. L’uso dei permessi 104 deve essere valutato considerando non solo le necessità mediche, ma anche il bisogno di benessere psicologico e integrazione sociale.
Riassumendo
- Un lavoratore disabile licenziato per sospetto abuso dei permessi 104.
- I permessi 104 garantiscono tre giorni retribuiti per cure o integrazione sociale.
- Il datore di lavoro lo ha pedinato tramite investigatore privato.
- Il Tribunale di Venezia ha dichiarato illegittimi controlli e licenziamento.
- Disposta reintegrazione, pagamento stipendi arretrati e rimborso spese legali.
- Sentenza conferma ampia tutela e rispetto della legge 104/1992.