Andare in disoccupazione per poi andare in pensione è una pratica che, ormai da anni, milioni di lavoratori scelgono di fare. Questo perché esistono misure strettamente collegate alla NASpI, come l’Ape Sociale e la Quota 41 per i lavoratori precoci. Che si rivolgono anche ai disoccupati che hanno terminato di percepire interamente l’indennità NASpI spettante.
Tuttavia, questa possibilità è riservata solo a chi ha già raggiunto i requisiti anagrafici e contributivi previsti da una delle due misure pensionistiche, oppure a chi li raggiunge grazie ai due anni di contributi figurativi riconosciuti durante la NASpI. In alcuni casi, questi due anni permettono di arrivare, per l’Ape Sociale, ai 63 anni e 5 mesi richiesti.
Ma chi non raggiunge i requisiti cosa può fare? Per quanto riguarda i requisiti anagrafici, come è logico, non ci sono soluzioni: bisogna attendere il compimento dell’età prevista. Per quanto concerne invece il requisito contributivo, esistono diverse possibilità alternative.
Per la pensione dopo la NASpI: cosa fare se mancano i contributi?
Come già accennato, l’accesso all’Ape Sociale o alla Quota 41 per i precoci è possibile solo ed esclusivamente per i disoccupati che hanno terminato di percepire la NASpI. Nel caso della Quota 41, è inoltre necessario attendere tre mesi dall’ultima mensilità ricevuta prima di poter andare in pensione.
Molto spesso, però, la perdita del lavoro non si verifica in modo tale da consentire un passaggio diretto alla pensione, aggiungendo semplicemente i due anni coperti da NASpI. Questo accade, ad esempio, quando la cessazione del rapporto di lavoro riguarda chi ha già maturato almeno 28 anni di contributi e 61 anni e 5 mesi di età.
In questi casi, grazie ai due anni di NASpI (coperti da contributi figurativi), l’interessato può raggiungere, al termine della disoccupazione, i requisiti utili per l’Ape Sociale, ossia 63 anni e 5 mesi di età e 30 anni di versamenti.
Lo stesso principio vale per la Quota 41 precoci, che non prevede limiti di età. Ma consente il pensionamento solo a chi, all’inizio della NASpI, ha già 39 anni di contributi.
I volontari dopo la NASpI: ecco le regole e cosa bisogna sapere
Il problema diventa serio quando, al termine della NASpI, una persona non ha ancora raggiunto l’età utile per l’Ape Sociale o, peggio ancora, non possiede i contributi necessari per l’Ape Sociale o per la Quota 41.
Cosa si può fare in questi casi?
Una soluzione potrebbe essere tornare a lavorare, ma per chi ha un’età avanzata non è sempre facile trovare una nuova occupazione. Ecco allora la via alternativa, una sorta di “piano B”: la contribuzione volontaria.
Dopo la fine dell’indennità di disoccupazione INPS, infatti, è possibile versare contributi volontari per integrare i periodi mancanti. È importante sapere che questa integrazione è ammessa solo dopo la fine della NASpI e non durante. Poiché il periodo di disoccupazione è già coperto dai contributi figurativi. Non è quindi consentito versare due volte per lo stesso periodo.
Per la pensione dopo la NASpI i contributi volontari si possono versare subito
Le tempistiche per la contribuzione volontaria sono particolari e possono comportare ritardi nel raggiungimento dei requisiti pensionistici.
Facciamo un esempio: chi, al termine dei due anni di NASpI, si trova con 40 anni di contributi, dovrà versare un ulteriore anno di contribuzione volontaria per raggiungere i 41 anni richiesti (in caso di precoci).
I contributi volontari non possono essere versati in un’unica soluzione, ma devono seguire la regola dei versamenti trimestrali. Ciò significa che per completare un anno di contribuzione mancante servono quattro trimestri.
Inoltre, prima di poter versare, è necessario che l’INPS autorizzi il contribuente alla prosecuzione volontaria. L’interessato deve quindi presentare domanda all’INPS e, solo dopo aver ottenuto l’autorizzazione, potrà iniziare a effettuare i versamenti.