Può una carriera contributiva causare danno, nonostante tutti credano che il versamento dei contributi favorisca il pensionamento? La domanda, anche se può sembrare assurda, ha motivazioni precise. Basta un contributo mancante e la pensione può essere bloccata. E se consideriamo che spesso il contribuente che presenta domanda non sa di avere questa carenza, il danno è fatto.
Ci sono contribuenti che inoltrano la domanda di pensione ma l’iter si ferma. E il motivo dipende proprio dai contributi versati. È il caso del lettore che ci scrive oggi, trovandosi in difficoltà nel raggiungere la pensione. Ma le soluzioni esistono e ora le analizziamo.
“Buonasera, sono un vostro lettore accanito e mi rivolgo a voi perché siete la mia ultima possibilità. Ho presentato domanda di pensione e ho compiuto 67 anni a settembre. Ho 20 anni di contributi versati, anzi, credevo di averli. Adesso scopro che l’anno 2001 ho 9 mesi accreditati e non 12. Ma io non lo sapevo. E per colpa di questi tre mesi mi trovo fuori dalla pensione. Sono due anni che non lavoro più. Come posso fare? Per reddito non posso chiedere l’Assegno Sociale, e nemmeno voglio chiederlo visto che ho versato contributi e vorrei usarli. Come posso fare adesso?”
Pensioni bloccate: ecco quando un contributo versato può causare danni irreversibili
La pensione può essere paragonata a un vero e proprio puzzle. Come accade con le tessere del famoso gioco, ogni elemento deve incastrarsi al posto giusto: se manca un pezzo, il quadro non si completa e la pensione resta solo un miraggio. Nel caso del nostro lettore mancano tre mesi di contributi, ma basta persino una settimana per impedire l’accesso alla pensione.
È fondamentale intervenire subito. Altrimenti l’istruttoria può restare sospesa per sempre, con il rischio di non poter più fare nulla se non si seguono le procedure corrette.
Il primo passo è segnalare all’INPS l’anomalia presente nell’estratto conto contributivo. L’istanza può essere presentata dopo la domanda di pensione o anche prima, non appena ci si accorge del problema. Deve essere chiara, dettagliata e corredata da tutto ciò che può aiutare l’INPS a verificare l’errore. Se il nostro lettore possiede documenti che attestano che quei tre mesi dovevano essere accreditati, dovrà inviarli immediatamente.
L’onere della prova è sempre a carico del contribuente
Anche in materia di pensioni vale il principio dell’onere della prova. In pratica, è il pensionato a dover dimostrare ciò che afferma.
Per i contributi mancanti, dunque, è l’interessato a dover mettere l’INPS in condizione di verificare. Le procedure cambiano a seconda della tipologia di lavoratore:
- Lavoratori autonomi: devono inviare le copie dei bollettini o delle ricevute dei versamenti effettuati.
- Lavoratori dipendenti: devono recuperare buste paga, modelli CU o i vecchi CUD, dai quali si evincano le retribuzioni e i contributi trattenuti.
Un tempo queste istanze si inviavano per posta, in autotutela. Oggi si possono presentare direttamente tramite SPID, CIE o CNS dall’area personale del sito INPS.
Pensioni bloccate per colpa dei contributi, intervenire nei tre anni è fondamentale
Senza documenti adeguati l’istanza può essere rigettata. Ma attenzione: in caso di rigetto è fondamentale seguire la vicenda da vicino, eventualmente proseguendo con un ricorso legale.
Una semplice nuova istanza non interrompe la prescrizione. E dopo tre anni dal rigetto, il diritto a intervenire si perde del tutto. L’INPS può rispondere o meno alla nuova istanza, ma se trascorrono tre anni senza un’azione legale, non è più possibile fare nulla.
Per questo, in caso di rigetto, è consigliabile non aspettare: avviare le vie legali entro i termini è l’unica possibilità per recuperare i contributi mancanti e sbloccare la pensione.