Andare in pensione prima è qualcosa che molti contribuenti possono fare. Le misure che lo consentono sono diverse, anche se – alla luce delle recenti scelte dei legislatori – nel 2026 alcune di esse potrebbero scomparire. Restano comunque numerose le opportunità per anticipare la pensione rispetto ai 67 anni previsti per la vecchiaia.
Questa è l’età di riferimento per la maggior parte dei lavoratori: una volta raggiunti i 67 anni, si può accedere alla pensione, almeno fino al 2026. Successivamente scatteranno gli adeguamenti automatici legati all’aspettativa di vita, che faranno aumentare i requisiti ogni due anni.
Come detto, però, esistono misure che permettono di andare in pensione prima.
In genere, le possibilità di anticipare aumentano in proporzione agli anni di contributi accumulati. Più si è versato, più è facile accedere a un anticipo. Ma oggi assume importanza anche l’importo della pensione, perché alcune vie d’uscita dipendono proprio da quanto si maturerà. In altre parole, nel sistema attuale più alta è la pensione, prima si può andare in quiescenza.
Pensione, più alta è prima arriva: ecco le cose che molti non sanno per anticipare il pensionamento
Dal punto di vista etico e sociale, questa dinamica può sembrare discutibile. Se è vero che nel sistema contributivo una pensione più alta arriva prima, è altrettanto vero che risultano penalizzati coloro che hanno avuto carriere discontinue, precarie o con retribuzioni basse. Le regole, infatti, finiscono per favorire lavoratori con carriere regolari e stipendi più elevati.
Il motivo risiede nella struttura stessa del sistema contributivo, che regola il calcolo della pensione per chi ha iniziato a versare dopo il 1995 e, in gran parte, anche per chi ha pochi anni prima di quella data.
Si tratta di un sistema spesso penalizzante negli importi, ma che offre maggiore flessibilità in uscita, a patto che l’assegno maturato sia abbastanza elevato. Da qui il principio: nel contributivo, più alta è la pensione, prima arriva.
Ecco perché la pensione anticipata necessita di carriere lunghe di versamenti
- Con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne) si può ottenere la pensione anticipata ordinaria, indipendentemente dall’età.
>Con 41 anni di contributi, i caregiver, i disoccupati, gli invalidi e gli addetti a lavori gravosi o usuranti possono accedere alla Quota 41, anche in questo caso senza limiti anagrafici. - Con 35 anni di contributi, gli addetti ai lavori usuranti possono utilizzare lo scivolo della Quota 97,6, che consente l’uscita a partire da 61 anni e 7 mesi.
Con 30 anni di contributi, addetti ai lavori gravosi, invalidi, disoccupati e caregiver possono ottenere l’Ape Sociale già a 63 anni e 5 mesi.
Se confrontiamo queste possibilità con la pensione di vecchiaia, ottenibile con 67 anni e soli 20 anni di contributi, diventa evidente che più contributi si hanno, più è facile non dover attendere i 67 anni. Ma quando i contributi sono pochi, entrano in gioco le regole che legano l’anticipo all’importo della pensione.
Per i contributivi puri la pensione più alta è e prima arriva
Il principio secondo cui più alta è la pensione, prima arriva è decisivo soprattutto per i contributivi puri, cioè coloro che hanno il primo versamento previdenziale dopo il 31 dicembre 1995.
Per loro esistono tre possibilità.
- Pensione di vecchiaia contributiva a 71 anni, ottenibile anche con soli 5 anni di contributi.
- Pensione a 67 anni con almeno 20 anni di contributi, ma solo se l’importo della pensione è almeno pari all’assegno sociale (oggi 538,69 euro). Se l’assegno è più basso, occorre attendere i 71 anni o maturare negli anni un importo più elevato (che però sale di anno in anno con la perequazione).
- Pensione a 64 anni con almeno 20 anni di contributi, ma con un requisito ancora più stringente: l’importo deve essere almeno 3 volte l’assegno sociale, ovvero 1.616,07 euro mensili ai valori attuali.
Per le donne con figli la soglia è più bassa:
- 2,8 volte l’assegno sociale per chi ha un solo figlio;
- 2,6 volte per chi ne ha più di uno.
E se si hanno almeno 25 anni di contributi, è possibile sommare alla pensione INPS anche quanto maturato nei fondi pensione integrativi. Ciò per raggiungere le soglie richieste. Una possibilità valida per uomini e donne.