Il sistema previdenziale italiano che ha delle regole ben precise per tutte le misure di pensionamento. Un contribuente per andare in pensione deve rispettare determinati e specifici requisiti. In genere ci sono età e contributi come requisiti imprescindibili da perfezionare. E poi ci sono tanti requisiti aggiuntivi che variano da misura a misura e spesso da contribuente a contribuente. Soprattutto per le misure di pensione anticipata a platea circoscritta, come sono l’Ape sociale, la quota 41 precoci e opzione donna, anche se quest’ultima nel 2026 probabilmente non sarà più attiva. Ma una cosa sono le regole nelle leggi e nelle normative, un’altra cosa sono le interpretazioni che fornisce l’INPS a questi decreti e atti dei legislatori.
E addirittura un’altra cosa sono le pronunce dei giudici che tra normative e interpretazione dell’INPS spesso determinano scenari diversi e inaspettati. Capita non di rado che una pratica di pensione, presentata da un contribuente, e magari respinta dall’INPS, finisca davanti ad un tribunale e che i giudici la accolgano (contro il parere Inps).
Le sentenze creano i precedenti a cui altri contribuenti possono appellarsi. Perché una sentenza non cambia la norma, ma produce i precedenti da usare per altre cause. Negli ultimi tempi diverse sentenze infatti aprono scenari particolari dal punto di vista pensionistico. Ed i contribuenti che magari credevano di non poter andare in pensione si trovano invece a poterlo fare.
Andare subito in pensione anticipata anche se l’INPS dice di no: ecco come sfruttare alcune sentenze
A memoria, una pronuncia importante che un Tribunale ha emanato e che fa ancora oggi notizia è quella sulla Naspi per quanto riguarda i disoccupati che vogliono avere accesso alla pensione anticipata con l’Ape sociale.
Anzi, di pronunce di questo genere ce ne sono diverse.
Solo dalla Cassazione per esempio, citiamo le sentenze numero 24950 del 2024 e numero 7846 del 2025. Sentenze in entrambi i casi che hanno ribaltato l’interpretazione restrittiva che l’INPS dava alla fruizione della Naspi come requisito per l’Ape sociale. Secondo la normativa e secondo l’INPS, il contribuente interessato all’Ape sociale per andare in pensione anticipata a 63 anni e 5 mesi di età con 30 anni di versamenti, deve aver preso tutta la Naspi spettante.
Chi, pur avendo diritto alla Naspi, non la richiede, non può passare subito a prendere l’Ape sociale. Per gli ermellini invece questa cosa non è giusta. Il requisito della fruizione totale della Naspi vale solo perché l’indennità per disoccupati e l’Ape sociale sono due misure che non si possono cumulare. Pertanto chi prende la Naspi deve prima prenderla interamente (massimo 24 mesi la durata dell’indennità) e poi può passare a chiedere la pensione anticipata con l’Ape sociale.
Invece chi non fa domanda di Naspi può passare subito alla pensione perché per gli ermellini il requisito fondamentale non è l’indennità ma lo stato di disoccupazione.
Altre sentenze che possono tornare utili dopo la reiezione della domanda da parte dell’INPS
Un’altra pronuncia importante, sempre da parte della Suprema Corte di Cassazione invece riguarda le pensioni anticipate ordinarie.
Parliamo delle pensioni che una volta si chiamavano di anzianità e che adesso si chiamano anticipate. Prestazioni per cui non ci sono limiti anagrafici ma solo requisiti contributivi da centrare. Ed è su questo che la sentenza numero 27910 del 2025, segna il passo rispetto ad una restrittiva interpretazione delle norme da parte dell’INPS.
Per i contribuenti interessati dalle pensioni anticipate ordinarie i contributi figurativi anche da infortunio, malattia o disoccupazione, sono validi per arrivare all’anzianità contributiva prevista dalla legge. Parliamo dei contributi figurativi che secondo l’articolo numero 24 comma 10 della legge 214 del 2011, non devono essere conteggiati per arrivare ai 35 anni di contributi.
Infatti le pensioni anticipate ordinarie si centrano con una carriera contributiva minima pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Ma di queste carriere, 35 anni di veramenti devono essere, per come si dice in questi casi, effettivi da lavoro. Significa che dentro i 35 non si considerano i figurativi prima citati. Questa è stata da sempre l’interpretazione data alla norma. Adesso però la Cassazione dice il contrario. Ecco quindi che compare il pieno riconoscimento di tutti i contributi figurativi senza che ci sia il limite dei 35 anni prima citato.