Opzione donna, i dati INPS parlano chiaro: misura verso lo stop definitivo?

Opzione donna rischia di scomparire? Restrizioni recenti ne hanno ridotto drasticamente l’accesso e l’efficacia previdenziale.
1 mese fa
3 minuti di lettura
opzione donna
Foto © Licenza Creative Commons

Negli ultimi anni, l’universo previdenziale italiano ha attraversato profonde trasformazioni. Una delle misure pensionistiche più discusse è Opzione donna, un canale di uscita anticipata dal mondo del lavoro rivolto esclusivamente alle lavoratrici. Tuttavia, questa possibilità sembra oggi avviata verso una fase di progressivo ridimensionamento, se non addirittura verso una possibile abolizione.

Opzione donna: accesso sempre più ristretto

L’Opzione donna ha rappresentato e continua a rappresentare un’opportunità concreta per migliaia di lavoratrici che, dopo anni di carriera, possono scegliere di andare in pensione in anticipo rispetto ai canali ordinari. Tuttavia, la normativa che ne regola l’accesso ha subito modifiche significative, soprattutto negli ultimi due anni.

Le restrizioni introdotte dal legislatore ne hanno limitato fortemente la platea, fino a renderla una misura riservata a una ristrettissima cerchia di persone.

Attualmente, infatti, i requisiti per l’accesso a “Opzione donna” prevedono che questa forma di pensionamento è consentita soltanto a lavoratrici che rientrano in una delle seguenti categorie:

  • caregiver, ovvero coloro che si occupano dell’assistenza di familiari disabili;
  • donne che presentano un’invalidità civile riconosciuta almeno pari al 74%;
  • lavoratrici che hanno perso l’impiego e risultano formalmente licenziate.

In aggiunta a tali condizioni personali, sono richiesti due rigidi requisiti contributivi e anagrafici: almeno 35 anni di versamenti previdenziali e un’età minima di 61 anni. Il requisito anagrafico può essere ridotto in base alla maternità: un anno in meno per chi ha un figlio, due anni in meno per chi ne ha due o più.

I numeri di un declino evidente

I dati più recenti forniti dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) delineano un quadro inequivocabile.

Nel primo trimestre del 2025, l’INPS ha provveduto alla liquidazione di appena 592 trattamenti pensionistici nell’ambito di ’“Opzione donna”. Il confronto con l’anno precedente è impietoso: nel medesimo periodo del 2024, le pensioni erogate in questo canale superavano le 3.500 unità. Si tratta di un calo che sfiora l’85%, segnale di un crollo verticale dell’interesse e dell’effettiva possibilità di usufruire del beneficio.

Tale riduzione non è imputabile a un disinteresse delle lavoratrici, bensì alla drastica contrazione della platea potenziale causata dai nuovi criteri selettivi. Le condizioni imposte dal legislatore si sono rivelate talmente stringenti da escludere la maggior parte delle potenziali beneficiarie.

Opzione donna: un modello in crisi

L’Opzione donna era stata inizialmente concepita come misura temporanea, poi prorogata annualmente. Il suo successo risiedeva nella flessibilità che offriva a tante donne, spesso impegnate in carriere discontinue o soggette a carichi familiari maggiori rispetto agli uomini. L’intento era quello di compensare, almeno in parte, il divario di genere nel mondo del lavoro e nelle dinamiche previdenziali.

Con le ultime riformulazioni, però, la misura ha perso la propria funzione di tutela sociale ed è diventata quasi un istituto residuale. L’introduzione di criteri selettivi legati all’invalidità, alla disoccupazione involontaria o al ruolo di caregiver ha snaturato la logica originaria della misura, allontanandola dalla sua dimensione universalistica.

Le ragioni del ridimensionamento

Alla base di questo cambiamento si collocano esigenze di contenimento della spesa pubblica, e un orientamento generale verso una maggiore omogeneità del sistema previdenziale.

Il governo ha motivato l’inasprimento delle regole con l’obiettivo di razionalizzare i meccanismi di uscita anticipata, considerati troppo onerosi per le casse dello Stato. Allo stesso tempo, vi è la volontà di orientarsi verso un sistema pensionistico più equo e sostenibile nel lungo periodo, riducendo le eccezioni e limitando l’accesso a misure agevolate.

Tuttavia, questa scelta ha generato numerose critiche da parte di sindacati, associazioni femminili e forze politiche di opposizione, che denunciano la penalizzazione subita dalle lavoratrici. Molte donne che avevano programmato la propria uscita dal lavoro facendo affidamento su “Opzione donna” si trovano ora senza alternative concrete.

Verso l’eliminazione definitiva di opzione donna?

Alla luce di questi dati e delle dinamiche in atto, si fa sempre più concreta l’ipotesi di un superamento definitivo di questa modalità di pensionamento. Il drastico calo delle adesioni potrebbe essere interpretato come un segnale sufficiente per giustificare un’uscita di scena della misura. Una versione di Opzione donna, svuotata dei suoi contenuti originali, rischia così di diventare una norma simbolica, presente solo formalmente ma di fatto inaccessibile.

Non si tratta solo di un problema quantitativo, ma anche qualitativo: il restringimento delle condizioni ha minato il valore sociale dello strumento, rendendolo un privilegio per poche, anziché un’opportunità reale per molte.

Cosa aspettarsi nel prossimo futuro

Il destino di “Opzione donna” resta, dunque, al momento incerto. Da un lato, le attuali tendenze normative sembrano orientate verso una razionalizzazione delle forme di pensionamento anticipato. Dall’altro, non mancano proposte di revisione che mirano a un ritorno alla versione precedente, più inclusiva e coerente con le esigenze delle lavoratrici.

In questo contesto, sarà cruciale monitorare le prossime mosse dell’esecutivo, soprattutto in vista della legge di Bilancio 2026. Eventuali modifiche potrebbero rimettere in discussione i criteri di accesso e ripristinare un sistema più favorevole. Tuttavia, la permanenza di questa forma di pensionamento anticipato riservato alle donne nel panorama previdenziale dipenderà anche dalla capacità del governo di trovare un equilibrio tra sostenibilità finanziaria e giustizia sociale.

Riassumendo

  • L’accesso a Opzione donna è oggi limitato a categorie molto ristrette.
  • Serve avere 35 anni di contributi e almeno 59-61 anni d’età.
  • Le domande nel 2025 sono crollate rispetto all’anno precedente.
  • Le nuove restrizioni hanno svuotato la misura della sua funzione originaria.
  • Il governo punta a contenere la spesa pubblica e semplificare il sistema.
  • Il futuro di Opzione donna appare incerto, con possibile eliminazione definitiva.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

BTp Valore 2027, stacco ultima cedola 1,625%
Articolo precedente

BTp Valore 2027, oggi stacco ultima cedola 1,625% con quotazione ben sopra la pari

Boom dell'euro
Articolo seguente

Il boom dell’euro è una buona notizia e anticipa un cambio di paradigma per la nostra economia