Tra le disposizioni contenute nella manovra finanziaria per il 2025, spicca l’introduzione di un adempimento specifico per gli amministratori societari: l’obbligo di dotarsi di una PEC individuale, da comunicare al Registro delle Imprese. Questo obbligo mira a migliorare la trasparenza e la tracciabilità delle comunicazioni ufficiali tra la Pubblica Amministrazione e i vertici aziendali.
In questo contesto, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) è intervenuto con la nota n. 43836 del 12 marzo 2025, offrendo indicazioni operative per l’attuazione del nuovo obbligo. Il documento ha identificato nel 30 giugno 2025 il termine entro cui gli amministratori dovrebbero effettuare la comunicazione della propria PEC personale alle Camere di Commercio.
Obbligo PEC amministratori al 30 giugno: scadenza perentoria?
Le Camere di Commercio italiane, da nord a sud, si sono espresse in maniera difforme rispetto alla posizione ministeriale. Diverse sedi camerali, anche con note ufficiali, hanno infatti precisato che il termine del 30 giugno non è da intendersi come una scadenza vincolante. La loro lettura normativa sottolinea come, nel testo legislativo, manchi una data esplicita entro la quale gli amministratori debbano adempiere, così come non sono previste sanzioni per un eventuale ritardo nella comunicazione della PEC amministratori.
Unioncamere – l’associazione che rappresenta le Camere di Commercio italiane – ha ribadito che la norma, per come formulata, non impone una deadline tassativa, né prevede un sistema sanzionatorio per i soggetti che trasmettono l’indirizzo PEC al Registro delle Imprese oltre la data indicata dal MIMIT.
Un quadro normativo contraddittorio
Questo contrasto tra il MIMIT e le Camere di Commercio ha generato un clima di incertezza tra professionisti, imprese e amministratori.
Da un lato, vi è un’indicazione ministeriale chiara, che propone una data entro cui conformarsi; dall’altro, l’interpretazione prevalente sul territorio nazionale smentisce l’urgenza dell’adempimento, ridimensionandolo a una comunicazione da effettuare, ma senza tempistiche definite.
In assenza di un decreto attuativo o di ulteriori precisazioni legislative, il rischio è che si venga a creare un precedente pericoloso, in cui la discrezionalità interpretativa degli enti possa generare una disomogeneità di trattamento. Alcune Camere di Commercio potrebbero accettare le comunicazioni tardive senza conseguenze, mentre altre potrebbero, eventualmente in futuro, decidere diversamente.
Le implicazioni per le società e i professionisti
In un contesto dove la certezza del diritto è elemento fondamentale per garantire la corretta applicazione delle norme, l’attuale situazione crea non pochi disagi. Le imprese si trovano di fronte al dilemma se adeguarsi subito alle indicazioni ministeriali, comunicando tempestivamente la PEC degli amministratori, oppure attendere ulteriori sviluppi normativi.
Per gli amministratori, soprattutto di società di piccole e medie dimensioni, si tratta di un ulteriore adempimento burocratico che comporta anche un’esposizione personale maggiore, in quanto il canale PEC diventa veicolo ufficiale di comunicazioni a rilevanza giuridica.
Dal punto di vista dei consulenti fiscali, dei commercialisti e dei notai, il tema rappresenta un nuovo nodo da sciogliere con i clienti, i quali richiedono chiarezza e uniformità nell’applicazione delle disposizioni legislative.
L’attuale incertezza rischia di rallentare la compliance amministrativa, generando ulteriore carico di lavoro e richieste di pareri interpretativi.
Obbligo PEC amministratori: il rischio di contenziosi giuridici
Una delle principali criticità riguarda la possibilità di contenziosi giurisprudenziali in caso di interpretazioni divergenti tra imprese e Pubblica Amministrazione. Senza un chiarimento normativo univoco, eventuali sanzioni future – qualora introdotte o applicate in base a letture estensive della norma – potrebbero essere impugnate davanti ai giudici amministrativi.
La giurisprudenza, in assenza di una disciplina sanzionatoria precisa, potrebbe propendere per la non punibilità del ritardo nella comunicazione della PEC da parte degli amministratori. Ma ciò richiederebbe tempo, risorse e incertezza, aspetti che qualsiasi impresa preferirebbe evitare.
Le richieste di intervento normativo
In questo contesto, crescono le pressioni affinché il legislatore o lo stesso MIMIT intervengano con una nuova circolare esplicativa. Oppure con una modifica normativa che chiarisca:
- se il termine del 30 giugno abbia valore perentorio;
- se l’obbligo debba essere assolto solo in occasione di nuove nomine o anche retroattivamente;
- se la mancata comunicazione della PEC comporti conseguenze giuridiche o economiche per gli amministratori o per la società;
- in quale modalità deve essere effettuata la trasmissione al Registro delle Imprese.
Un chiarimento tempestivo permetterebbe di uniformare i comportamenti delle Camere di Commercio e offrirebbe alle imprese una base certa per operare nel rispetto della legge.
Riassumendo
- La Legge di Bilancio 2025 introduce l’obbligo di PEC personale per gli amministratori.
- Il MIMIT indica il 30 giugno 2025 come termine per la comunicazione PEC.
- Le Camere di Commercio smentiscono la scadenza e l’esistenza di sanzioni.
- La normativa non prevede termini perentori né sanzioni per la mancata comunicazione.
- L’incertezza normativa rischia di generare contenziosi e confusione tra imprese.
- Urge un chiarimento ufficiale per uniformare l’interpretazione e l’applicazione della norma.