TIM ha completato l’emissione del bond senior unsecured da 850 milioni di euro, importo superiore ai 700 milioni ipotizzati nel corso del collocamento. La compagnia ha dichiarato che i proventi incassati serviranno a rimpinguare la liquidità aziendale dopo il rimborso del bond da 1 miliardo di euro in data 16 gennaio e al fine di sostenere la cassa durante l’anno. Tra il 2023 e il 2024, infatti, ci saranno scadenze da rinnovare per oltre 9 miliardi, di cui 2 quest’anno. L’obbligazione appena emessa ha scadenza in data 15 febbraio 2028, per cui presenta una durata iniziale di 5 anni (ISIN: XS2581393134).

La cedola fissa annua lorda è stata fissata al 6,875%, meno del 7% previsto dalla guidance.

Il confronto con il BTp a 5 anni rende il bond TIM relativamente appetibile. Siamo in presenza di un premio nell’ordine dei 345 punti base. Ancora di più rispetto al tasso “midswap” di pari durata: +473 punti. Un rendimento ben maggiore dell’1,7% spuntato nel gennaio 2021 con l’emissione di un bond TIM a 8 anni. Ma va detto che le condizioni di mercato allora erano profondamente diverse, tant’è che oggi quella stessa obbligazione sul secondario rende in area 6,70%.

D’altra parte, i rating sono molto bassi: B1 per Moody’s, B+ per S&P e BB- per Fitch. In tutti e tre i casi, l’outlook risulta negativo. Per ingolosire il mercato, la compagnia ha fissato un’opzione put per il caso in cui fosse acquisita da terzi o di cessione di NetCo, la società che gestisce la rete. Il bond TIM potrebbe essere rivenduto all’emittente ad un prezzo di 101, cioè sopra la pari. Ma il taglio minimo di 100.000 euro fa sì che questo titolo non sia per tutti. Effettivamente, è stato rivolto agli investitori istituzionali.

Bond TIM, emissione sotto governance incerta

L’obbligazione è stata emessa in una fase confusa per la governance societaria. L’azionista francese Vivendi con il 23,75% nei fatti non controlla la compagnia dopo l’ingresso di Cassa depositi e prestiti nel 2018.

Questa ha una quota del 9,8%. Lo stato punta alla rete unica nazionale per la fibra ottica, ma non c’è accordo con l’azionista di riferimento sul come. La famiglia Bolloré vorrebbe che la rete fosse valorizzata a più di 30 miliardi di euro, mentre il Tesoro punta ad acquisire il controllo della compagnia prima dello scorporo, al fine di risparmiare risorse nella nazionalizzazione della rete.

Perché l’opzione put per il bond TIM? La rete è la gallina dalle uova d’oro della società. Se da un lato la sua cessione abbatterebbe gran parte del debito, dall’altro farebbe venire meno i ricavi aziendali. Di fatto, TIM si trasformerebbe in un operatore esclusivamente di servizi al pari di tutta l’attuale concorrenza. E ciò farebbe svanire qualche certezza in capo ai creditori. Da qui la necessità di prevedere una clausola in loro favore per rassicurarli sulla possibilità di disinvestire all’occorrenza.

Nell’assegnare il rating al bond TIM, Moody’s ha dichiarato di attendersi un flusso di cassa negativo per 2-300 milioni di euro quest’anno. Ma la leva finanziaria resterebbe sotto 5, in calo dal 5,4 atteso nel luglio scorso. Adeguata la liquidità, attesa a 5 miliardi, 4 miliardi nell’ambito degli accordi sul credito revolving senior unsecured in scadenza nel 2026.

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