Giornate no sui mercati finanziari per i nostri titoli di stato. Mentre l’afa ancora sosta in gran parte dello Stivale, il clima vacanziero non porta serenità. Lo spread a 10 anni è risalito sopra 220 punti base o 2,20%, attestandosi nella tarda mattinata odierna a 223. Il BTp a 10 anni offre un rendimento del 3,37%, in forte rialzo dal 2,97% di questo martedì. In appena un paio di sedute, quindi, il decennale italiano segna +0,40%. Va peggio alle scadenze lunghe come il BTp a 30 anni. In un paio di settimane, perde l’8,3%, scendendo a una quotazione sotto i 74 centesimi.

Stiamo parlando del BTp 2052 con cedola 2,15% (ISIN: IT0005480980). Sfiora ormai il 3,60%.

Certo, il clima elettorale non aiuta. L’Italia va al voto il prossimo 25 settembre. I mercati amano la stabilità politica e temono sempre i cambi di governo. Detto questo, la risalita dello spread è dovuta in questi giorni ad altro. Principalmente, dobbiamo attribuirla all’anglosfera. L’inflazione a luglio nel Regno Unito è esplosa al 10,1%, mai così alta dal febbraio 1982. La Banca d’Inghilterra sarà verosimilmente costretta ad alzare i tassi d’interesse più celermente.

La stretta sui tassi spinge lo spread

Anche a Londra siamo in una fase di passaggio, con il premier Boris Johnson in attesa di essere rimpiazzato da uno tra Liz Truss e Rushi Sunak, rispettivamente suo Segretario di Stato per gli Affari esteri ed ex Cancelliere dello Scacchiere. La prima, data per favorita, vorrebbe dotare la Banca d’Inghilterra di maggiore autonomia per combattere l’inflazione. Sarebbe un’iniziativa nel solco della tradizione thatcheriana, che negli anni Ottanta permise al Regno Unito di battere la corsa dei prezzi al consumo.

E anche la Federal Reserve, malgrado il rallentamento dell’inflazione americana a luglio, potrebbe trovarsi costretta ad usare il pugno duro con rialzi dei tassi superiori alle attese. Questo scenario non fa bene ai nostri BTp, che si avvantaggiano nelle fasi di accomodamento monetario.

Dato l’alto debito pubblico italiano, i mercati finanziari tendono a scartare i bond tricolori quando le condizioni monetarie si restringono, preferendo acquistare titoli più sicuri. Allo stesso tempo, la stretta monetaria globale acuisce la spesa per interessi dell’Italia, lanciando l’allarme sulla sostenibilità delle sue finanze statali.

Infine, la liquidità degli scambi in queste giornate è particolarmente bassa, dato che gran parte degli investitori si trova in vacanza. Ciò amplifica la volatilità dei prezzi. L’impatto di ordini di vendita anche contenuti tende ad essere maggiore, colpendo le quotazioni e facendo schizzare i rendimenti. Resta da vedere se la stessa BCE non abbia rallentato la propria attività di sostegno, magari in previsione di un autunno che si prospetta complicato per l’economia europea.

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